Arroganza e umiltà

covid19 Serve una premessa: qualsiasi provvedimento si adotti, scontenta fette grandi o piccole della popolazione. Detto che non esiste la soluzione buona per tutti, rilevo però una crescente arroganza che segna la differenza dall’essere considerati cittadini o sudditi.


L’acronimo cui ci siamo abituati, a partire dal febbraio scorso, è DPCM (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) un provvedimento del Governo che è sempre esistito, ma ora molto utilizzato. Atto amministrativo, di rango inferiore rispetto alla legge, da cui deve essere prescritto, ne determina i principi direttivi generali. Ha il merito di essere rapido e quindi particolarmente adatto alle situazioni di emergenza, ma dall’altro lato non coinvolge il Parlamento, ed è espressione della sola maggioranza. A differenza del decreto legge, che parte sempre da un atto del Governo ma deve essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni, pena la decadenza.

Questa distinzione, non di poco conto, è stata richiamata più volte dal Presidente della Repubblica e dai Presidenti delle due Camere. E proprio qui, mi pare, stia la differenza tra arroganza e umiltà nell’affrontare un problema. Di fronte a questa pandemia nessuno ha la soluzione ottimale ed efficace, discordi i pareri di tecnici ed esperti, impreparati i governi e la popolazione ad affrontarla, diverse le soluzioni proposte. Non solo in Italia, ma nel mondo intero. Grandi le aspettative nel vaccino che non si sa se e quando sarà disponibile e intanto occorre limitare i danni. Ecco perché, con umiltà, sarebbe necessario un ampio coinvolgimento nelle decisioni.

Il nostro sistema sanitario, uno dei migliori al mondo nonostante i tagli, ha bisogno di ulteriori e significativi investimenti che, nei mesi di pausa dell’epidemia, non sono stati fatti. Non si è intervenuti sul sistema dei trasporti, da sempre carente, che il vero tallone d’Achille. Intanto lunghe discussioni sull’opportunità di accedere o no al MES sanitario (fondi europei disponibili da subito) con un approccio ideologico, puntando tutto invece su fondi europei per la ripresa (il “recovery”), che potrebbero forse arrivare solo dal luglio prossimo. Ciò nonostante, si sono fatti passi avanti sulla sicurezza nelle scuole e, dopo la chiusura di marzo e aprile, sono stati applicati protocolli sanitari impegnativi nello sport, palestre e piscine, come nello spettacolo. Assieme alla ristorazione, proprio i settori più penalizzati dall’ultimo DPCM, che torna pesantemente a incidere nella vita dei cittadini, emesso dopo un confronto durissimo con le Regioni, che affermano di essere inascoltate. Arroganza?

Obiettivo dichiarato: ridurre la curva epidemiologica e salvare il Natale (quello commerciale!). Ma davvero siamo convinti che, in una situazione così incerta e precaria, si abbia voglia di pensare agli acquisti di Natale?

Sergio Tolosano