Anno nuovo

covid19 “Le 1.000 persone più ricche del mondo hanno recuperato in soli nove mesi le perdite accumulate per l’emergenza Covid-19, mentre i più poveri per riprendersi dalle conseguenze economiche della pandemia potrebbero impiegare più di 10 anni”.


Questo enunciato del rapporto Oxfam – pubblicato proprio alla vigilia del Forum mondiale dell’Economia che si svolge in questi giorni a Davos, in Svizzera, (quest’anno in forma virtuale) – mette drammaticamente in evidenza come la pandemia abbia aumentato le disuguaglianze sociali rendendo i poveri ancora più poveri. Lo stesso rapporto, inoltre, calcola che i 10 uomini più ricchi al mondo hanno visto il loro patrimonio incrementarsi di ben 540 mld di dollari dall’inizio della pandemia. Una somma che si stima sufficiente a pagare il vaccino per tutti gli abitanti della terra. Tutto ciò mentre l’Italia, oltre ai gravi problemi economici e sanitari, si trova ad affrontare una crisi politica che ben pochi hanno capito. Nel momento in cui serve un Governo autorevole e propositivo, capace di impegnare in modo proficuo i fondi che l’Unione europea metterà a disposizione (almeno 209 mld di euro), si rischia di non realizzare il Piano di impiego dei fondi nei tempi e nei modi previsti dall’Unione stessa. Una grave perdita di immagine del nostro Paese che faticosamente, in questi ultimi anni, aveva cercato di acquisire credibilità in Europa.

In questo quadro a tinte fosche, con una situazione sanitaria ancora precaria di fronte alla seconda ondata della pandemia e la grave sofferenza di quasi tutte le attività economiche ed imprenditoriali, oltre a rischiare di perdere aiuti importanti si tende a sottovalutare l’impatto pesante sul piano psicologico e sociale che sta avendo e avrà nei prossimi anni sui giovani, a cominciare dalla difficoltà di garantire a tutti la possibilità di frequentare la scuola.

Sono sempre più numerosi gli esperti che ritengono dannoso il protrarsi a lungo della Didattica a distanza, esperienza che ha salvato il passato anno scolastico, ma che ora rivela i suoi limiti con un aumento sensibile dell’abbandono scolastico e una difficoltà sempre maggiore a seguire le lezioni. Quasi tutti ormai concordano che la scuola in sé non è una pericolosa fonte di contagio, si doveva piuttosto intervenire seriamente sui trasporti pubblici. D’altra parte non si può continuare a chiudere tutto poiché con il virus si dovrà imparare a convivere ancora a lungo e troppo sovente si ricorre allo scarica barile, a cercare le colpe in questa o quell’amministrazione. Ed è probabilmente proprio questo il vero problema: mentre si cercano “responsabili e costruttori” ci si dimentica di assumersi pienamente ciascuno le proprie responsabilità.

Sergio Tolosano

Aspettando le primule

covid19 A Dicembre solitamente si fa il bilancio dell’anno che sta per finire. Mai come questa volta è difficile tracciare un quadro perché molte delle situazioni emerse nel 2020 si ripercuoteranno in modo sensibile anche sugli anni futuri sul piano economico, sociale e sanitario.


Partiamo dal recente rapporto Istat nel quale si stima che a fine anno i morti in Italia supereranno la quota di 700mila, una cifra così alta che ci fa ritornare al 1944, in piena guerra mondiale. È evidente, in questo numero, il ruolo giocato dalla pandemia poiché nel 2019 il dato complessivo è stato di 647mila decessi. Lo stesso rapporto ci dice inoltre che la popolazione italiana è sempre più vecchia con un rapporto tra over 65 e under 15 anni che è passato dal 33,5% nel 1951 al 180% nell’ultimo periodo. Inoltre si avanza l’ipotesi che l’effetto covid possa ripercuotesi anche sulle nascite dell’anno venturo che potrebbero scendere sotto la soglia di 400mila. Di fatto, la popolazione italiana è stabile attorno a 59,5 milioni di persone grazie solo alla componente straniera.

Dunque il covid ha inciso pesantemente, e non solo nel nostro Paese, nell’anno in corso. E nella nostra comunità, appena sfiorata nella prima ondata, ha lasciato un segno evidente nella seconda, tuttora in corso, soprattutto nel mese di novembre con un numero impressionante di decessi. Ora, la speranza di uscirne è legata soprattutto al vaccino (o meglio ai vaccini) con la campagna europea che dovrebbe partire il 27 dicembre. Ci vorranno comunque mesi, se sarà dimostrata la loro efficacia, per essere più tranquilli poiché – come dicono le autorità sanitarie – una vaccinazione di massa così imponente non si è mai affrontata. Una nota di colore, a mio avviso, è quella del box a forma di primula, progetto dono dell’arch. Stefano Boeri, per svolgere le vaccinazioni. Non vi è dubbio che, proprio perché di dimensioni eccezionali, la vaccinazione richieda soluzioni adeguate per regolare l’afflusso di persone, tuttavia strutture meno eleganti, ma ugualmente idonee sono già nelle disponibilità della protezione civile e dell’esercito. Ricordo che a Dronero la vaccinazione antinfluenzale si è svolta nella palestra comunale con l’ausilio di medici, personale infermieristico e protezione civile. È auspicabile che cercando le “primule” non si ripeta l’errore dei banchi a rotelle per la scuola, rincorsi per tutta l’estate, con il risultato di dimenticare i trasporti, causa prima di contagio, e avere scuole pronte, ma nuovamente chiuse da mesi. La palla ora è in mano ai Prefetti e si parla già di proroghe, ma non è detto che, nonostante gli sforzi, a gennaio possano riaprire tutte.

A tutti, e in particolare proprio ad anziani e ragazzi, l’augurio di un 2021 migliore!

Sergio Tolosano

Piste aperte, scuole chiuse ?

covid19 In questi giorni suscita un forte dibattito la presa di posizione degli amministratori dei comuni alpini che chiedono a gran forza l’aperture delle piste da sci a partire da dicembre e in particolare nel periodo natalizio


Parimenti prende corpo l’idea che le scuole (almeno quelle superiori) restino chiuse fin dopo l’Epifania. Sappiamo che lo sci muove un’economia importante e sono assolutamente legittime le richieste dei tanti addetti del settore, tanto che le Regioni hanno già sottoscritto piani e protocolli di sicurezza per l’esercizio di questa attività sportiva. Stride però che non ci si metta altrettanto d’impegno per la scuola. La prima mossa di tanti “governatori”- addirittura anticipando il Governo centrale – è stata proprio quella di chiudere pur nella consapevolezza che la scuola in sé, con le dovute precauzioni, non è tra le principali fonti di contagio.

Il problema maggiore, al quale peraltro non si è posto rimedio, è quello dei trasporti che interessa la scuola in primo luogo ma anche il lavoro. Quanti sono i pendolari grandi e piccoli che si servono dei mezzi pubblici!

Mentre si passava buona parte dell’estate a rincorrere i banchi a rotelle, ci si è dimenticati di altre ruote, ben più importanti: quelle su cui si muovono i trasporti. Indubbiamente il distanziamento è una misura efficace sia a scuola che nei luoghi di lavoro, ma il problema si presenta in tutta la sua drammaticità quando a scuola o al lavoro ci si deve recare facendo i conti con trasporti assolutamente inefficienti. Ridurre la capienza dei mezzi (misura senz’altro corretta) senza però aumentarne significativamente il numero di quelli circolanti non risolve il problema, semmai lo incrementa, costringendo le persone ad accalcarsi per poterci salire. Più facile quindi chiudere in toto o in parte le scuole e invitare al lavoro a distanza.

Altri Stati (Francia, Gran Bretagna, Germania) in situazioni analoghe alle nostre hanno deciso chiusure generalizzate per un mese, ma hanno scelto di fare il possibile per tenere aperte le scuole, per loro un presidio fondamentale. Non sappiamo, quindi, se e quando apriranno le piste da sci, dove per altro il problema è negli accessi e nelle code, non tanto nello sport in sé e comprendiamo che perdere la parte migliore della stagione sia un grave danno economico per tutto il settore a cui in qualche modo si dovrà porre rimedio. Ci pare giusto però ribadire, confortati da pareri autorevoli tra cui anche l’OMS, che la Scuola ha un’importanza fondamentale e che purtroppo né la DAD (didattica a distanza) né la DDI (didattica digitale integrata), per quanto fatte bene, possono sostituire la partecipazione in presenza alle lezioni e l’interazione con compagni ed insegnanti.

Sergio Tolosano

Arroganza e umiltà

covid19 Serve una premessa: qualsiasi provvedimento si adotti, scontenta fette grandi o piccole della popolazione. Detto che non esiste la soluzione buona per tutti, rilevo però una crescente arroganza che segna la differenza dall’essere considerati cittadini o sudditi.


L’acronimo cui ci siamo abituati, a partire dal febbraio scorso, è DPCM (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) un provvedimento del Governo che è sempre esistito, ma ora molto utilizzato. Atto amministrativo, di rango inferiore rispetto alla legge, da cui deve essere prescritto, ne determina i principi direttivi generali. Ha il merito di essere rapido e quindi particolarmente adatto alle situazioni di emergenza, ma dall’altro lato non coinvolge il Parlamento, ed è espressione della sola maggioranza. A differenza del decreto legge, che parte sempre da un atto del Governo ma deve essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni, pena la decadenza.

Questa distinzione, non di poco conto, è stata richiamata più volte dal Presidente della Repubblica e dai Presidenti delle due Camere. E proprio qui, mi pare, stia la differenza tra arroganza e umiltà nell’affrontare un problema. Di fronte a questa pandemia nessuno ha la soluzione ottimale ed efficace, discordi i pareri di tecnici ed esperti, impreparati i governi e la popolazione ad affrontarla, diverse le soluzioni proposte. Non solo in Italia, ma nel mondo intero. Grandi le aspettative nel vaccino che non si sa se e quando sarà disponibile e intanto occorre limitare i danni. Ecco perché, con umiltà, sarebbe necessario un ampio coinvolgimento nelle decisioni.

Il nostro sistema sanitario, uno dei migliori al mondo nonostante i tagli, ha bisogno di ulteriori e significativi investimenti che, nei mesi di pausa dell’epidemia, non sono stati fatti. Non si è intervenuti sul sistema dei trasporti, da sempre carente, che il vero tallone d’Achille. Intanto lunghe discussioni sull’opportunità di accedere o no al MES sanitario (fondi europei disponibili da subito) con un approccio ideologico, puntando tutto invece su fondi europei per la ripresa (il “recovery”), che potrebbero forse arrivare solo dal luglio prossimo. Ciò nonostante, si sono fatti passi avanti sulla sicurezza nelle scuole e, dopo la chiusura di marzo e aprile, sono stati applicati protocolli sanitari impegnativi nello sport, palestre e piscine, come nello spettacolo. Assieme alla ristorazione, proprio i settori più penalizzati dall’ultimo DPCM, che torna pesantemente a incidere nella vita dei cittadini, emesso dopo un confronto durissimo con le Regioni, che affermano di essere inascoltate. Arroganza?

Obiettivo dichiarato: ridurre la curva epidemiologica e salvare il Natale (quello commerciale!). Ma davvero siamo convinti che, in una situazione così incerta e precaria, si abbia voglia di pensare agli acquisti di Natale?

Sergio Tolosano

Non più Cenerentola

covid19 La scuola, dopo aver avuto un ruolo di “Cenerentola” per lunghi anni, ora pare essere al centro dell’interesse.


Ne parlano i politici, gli amministratori, i giornali ed i comuni cittadini. La chiusura totale,per quattro mesi a causa della pandemia da Covid19, ha riportato l’attenzione di tutti su questo importante aspetto della vita di un Paese. Ma quanto è vera questa attenzione o, meglio, quanto questa attenzione è focalizzata sulla scuola come istituzione?

Tutte le preoccupazioni, indubbiamente giuste e presumo sincere, sono dirette ad evitare nuovi blocchi, a far sì che le famiglie possano avere delle certezze sul regolare svolgimento delle lezioni, a superare tutte le difficoltà registrate con la didattica a distanza che ha richiesto un grande sforzo di impegno e di improvvisazione dal parte di tutto il personale, delle famiglie e degli studenti perché non si era preparati – in genere – a questo tipo di scuola. Fermare la scuola ha ripercussioni pesanti anche sul lavoro e sull’economia.

Il nodo fondamentale, a mio avviso naturalmente, risiede però a monte. Ovvero quanto ci crediamo nella Scuola (la maiuscola non è per caso), noi cittadini e lo Stato italiano. Torniamo per un momento alla Carta costituzionale – tema che mi è sempre caro – che, all’art.34 assegna alla scuola un carattere di universalità “La scuola è aperta a tutti”. In altre parole sancisce un diritto per tutti all’istruzione, così come all’art. 4 riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e si impegna a realizzare le condizioni per promuovere questo diritto.

Credo che proprio da qui, ancora una volta, si debba partire per assegnare finalmente alla Scuola il ruolo che le compete. Ovviamente in questa situazione ci sono problemi di emergenza che vanno risolti e che richiedono investimenti, anche significativi. Ma proprio l’emergenza in cui ci troviamo nostro malgrado, dovrebbe insegnarci – a noi e a chi di volta in volta ci governa –che la scuola non può essere considerata un capitolo di spesa soltanto, un settore nel quale tagliare, come si è fatto per molto, troppo tempo, solo per rimettere faticosamente in linea un traballante bilancio dello Stato.

E tagli analoghi – non dimentichiamolo – sono stati attuati per anni nella Sanità, senza per altro riuscire ad eliminare sprechi che indubbiamente ci sono. Non a caso, ancora la nostra Costituzione ci dice, all’art. 32, che: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività …”. La Scuola, dunque, così come la Sanità – e lo si è visto chiaramente nei mesi appena trascorsi – sono settori di investimento di un Paese che si definisce civile. Una volta superata la fase di emergenza è assolutamente auspicabile, credo, che si debba pensare proprio a questo. Investire seriamente nella Scuola significa investire nel futuro di un Paese.

Sergio Tolosano

Commissari…

covid19 Il nostro sta diventando un Paese di commissari.


Dalle cosiddette task-force a livello nazionale e regionale ai vari commissari, a fianco del Governo del Paese o delle grandi amministrazioni locali, è tutto un fiorire di sostanziale “delega” ad altri di decisioni che la Politica dovrebbe assumersi.

Da ultimo – e parliamo del livello nazionale – Domenico Arcuri (ex dirigente d’azienda, dal 2007 amministratore delegato di Invitalia) dopo l’incarico di commissario straordinario per il potenziamento delle infrastrutture ospedaliere necessarie a far fronte all’emergenza Covid, ha pure assunto il ruolo di commissario speciale per la ripartenza in sicurezza della Scuola a settembre. Anche in questo caso, un’evidente ammissione di incapacità o impossibilità ad agire del Ministero dell’Istruzione. Peraltro, proprio su questo fronte, si registrano ovunque le grandi preoccupazioni dei dirigenti scolastici cui è stato demandato buona parte del lavoro organizzativo, con risorse umane ed economiche decisamente scarse.

Se da un lato è evidente che la scelta del commissario è necessaria per avere decisioni rapide, dall’altro è opportuno chiederci perché chi, in ultimo, le decisioni le deve prendere non è così sollecito come il caso richiederebbe. Una prima facile risposta potrebbe essere quella dei “veti incrociati”, il mantenimento di delicati equilibri politico-amministrativi, giocati spesso sul filo di pochi voti dove il “ricatto” di questa o quella forza partitica diventa determinante. Ricatto sovente dettato più da motivi di tornaconto elettorale che da argomenti veri, anche se tutti si trincerano dietro la frase “… per il bene del Paese”.

A nulla sono valse tutte le riforme elettorali – e l’Italia repubblicana è certo una della nazioni che non si sono fatte mancare queste riforme – tant’è che è nuovamente all’ordine del giorno la discussione sulla modalità di elezione dei nostri rappresentanti. Inutile dilungarci oltre su questo tema, poiché è probabile che anche questa volta, se la discussione andrà in porto, il giorno dopo nasceranno nuovi problemi di governabilità. Veniamo alla nostra Valle. Ad Elva torna il Commissario. Non poteva essere altrimenti, essendo decaduto l’intero Consiglio comunale eletto appena due anni fa, dopo un anno di commissariamento. Litigiosità eccessiva, protagonismo? Chissà?

Resta il fatto che già diversi comuni della Valle sono stati affidati, in tempi recenti, ad un periodo commissariale e non è un buon segnale. Per le Alte Terre si sono aperte delle opportunità nuove di sviluppo: ad esempio il Progetto Aree Interne – un piano che coinvolge più di 4000 comuni italiani (oltre la metà del totale) – destinato ai territori periferici e marginalizzati. Non sappiamo se se queste opportunità saranno concrete, ma per coglierle pienamente occorrono in primo luogo coesione e visione comune dei progetti. Due fattori che sembrano mancare!

Sergio Tolosano

Confusione …

covid19 Confusione …


Se proprio vogliamo trovare una parola che sintetizzi il periodo che stiamo vivendo, a mio avviso, quella potrebbe essere “confusione”. Confusione a tutti i livelli, dal disorientamento generalizzato delle persone, al sovrapporsi di ruoli e pareri di chi dovrebbe proporre delle soluzioni.

E non si tratta solo dell’emergenza sanitaria che il virus ha reso evidente in modo eclatante in tutto il mondo. È un problema che coinvolge tutti i settori del nostro vivere quotidiano e che rischia di alimentare ulteriormente il disagio sociale e dare luogo a miscele esplosive. Ripetere ancora una volta che i tagli perpetrati alla Sanità in una falsa logica di risparmio non cambia la situazione, ma c’è da augurarsi che, almeno sotto questo profilo, la pandemia abbia insegnato qualcosa poiché, purtroppo, si fa presto a dimenticare. “Eroi ed angeli” in prima linea nei mesi più tragici ora passano in secondo piano. I contratti temporanei scadono, chi denuncia situazioni pericolose rischia il licenziamento.

Tornando alla “confusione” è evidente che pareri difformi, se non addirittura contrari, di coloro che dovrebbero essere gli esperti generano insicurezza che talvolta si traduce in intolleranza. Ne abbiamo esempi gravi proprio in questi giorni. D’altra parte, è pur vero che in una situazione simile nessuno ha la soluzione a portata di mano, tuttavia sarebbe forse più opportuno un confronto serrato tra gli addetti ai lavori e poi una sintesi che parli con una voce sola. E questo, credo, dovrebbe essere il ruolo della Politica (l’iniziale maiuscola non è casuale!) che,invece, proprio in questo periodo ha visto molti inutili protagonismi.

Se è inevitabile il confronto anche aspro tra maggioranza ed opposizione, è meno edificante la contrapposizione tra Governo centrale e governi locali, dove ciascuno ha voluto lasciare un segno. Ancora altra confusione, di ruoli e di messaggio alla gente. A cominciare dalla scelta infelice della parola d’ordine “distanziamento sociale” quando sarebbe stato forse decisamente più opportuno parlare di “distanziamento fisico”. Così come lo “smart work” che, sovente, più che lavoro intelligente è semplicemente diventato lavoro a distanza.

Ora che sul fronte sanitario il peggio sembra superato, salvo previsioni più fosche per l’autunno, sembrano aprirsi nuove opportunità, oltre naturalmente ad enormi problemi sul fronte dell’occupazione e della povertà delle famiglie. A livello locale è significativo il dato citato dal sindaco di Dronero nell’intervista: sono oltre 200 i nuclei famigliari in difficoltà in paese. Vogliamo però intravvedere il lato buono delle opportunità. I fondi che, pare, verranno stanziati dall’Unione europea potranno dare impulso all’economia, in senso più generale, se gestiti in modo oculato. Nel nostro piccolo, se arriverà anche la tanto attesa circonvallazione non potremo che rallegrarcene.

Sergio Tolosano

Dovremo adattarci

covid19 In questo lungo periodo di blocco, segnato profondamente dal corona virus, sono state numerose le ricorrenze che, necessariamente, abbiamo vissuto in modo diverso.


In questo lungo periodo di blocco, segnato profondamente dal corona virus, sono state numerose le ricorrenze che, necessariamente, abbiamo vissuto in modo diverso. Citerei le giornate mondiali dell’Acqua (22 marzo) e della Terra (22 aprile) per la profonda valenza che dovrebbero avere sulla sostenibilità dell’Ambiente e della vita stessa. La prima è stata istituita dall’ONU nel 1992 e la seconda, nata negli Usa nel 1970 (e poi estesa a oltre 180 nazioni), compie ora 50 anni. Giornate simboliche certo, ma che dovrebbero chiamare a comportamenti responsabili tutti i giorni dell’anno i singoli, le comunità e soprattutto le Nazioni. Il cambiamento climatico in atto, a detta della gran parte degli studiosi, è in buona parte responsabilità del genere umano ed è sempre meno reversibile, se non si attuano decise inversioni di tendenza. Negare il problema di certo non lo risolve. Non dimentichiamo che diversi studi scientifici ormai indicano un nesso tra l’inquinamento e la maggior diffusione anche di questa pandemia. Certo non vogliamo dimenticare le festività pasquali, trascorse in modo assai diverso sia sotto il profilo più propriamente religioso, sia per la rinuncia al momento più conviviale degli incontri familiari e delle classiche scampagnate del Lunedì dell’Angelo.

E veniamo al 25 Aprile, la data della Liberazione e il momento in cui è nata l’Italia che viviamo. Sono trascorsi 75 anni da quell’aprile ’45 in cui si sono arrese le forze nazi-fasciste prima a Torino e Milano e poi in pochi giorni in tutto il nord occupato. L’intero Paese è tornato a respirare aria di libertà e la data del 25 è stata dichiarata Festa nazionale l’anno successivo da un decreto del governo provvisorio di De Gasperi. Dunque l’Italia moderna e democratica è nata proprio dai sacrifici dei partigiani combattenti e della popolazione, patiti in quei 20 mesi circa della Resistenza.

Un patrimonio importante da preservare, ora più che mai, perché i testimoni diretti sono purtroppo sempre di meno. Occorre dare nuova linfa e vitalità a quelle idee di persone diverse tra loro, politicamente e per esperienze personali, ma che hanno saputo individuare un fronte comune su cui agire e farne una sintesi mirabile che è la nostra Costituzione. Datata magari, bisognosa forse di qualche manutenzione, ma di certo una delle migliori e sempre così attuale. In questo 25 aprile così particolare, vale la pena riflettere almeno sulla prima parte o con attenzione sui primi quattro articoli in particolare. Merita un plauso la consuetudine, ormai da qualche anno, dei nostri Comuni di consegnare ai diciottenni il testo della Costituzione. Piero Calamandrei, uno dei padri della Carta, diceva: “Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione”.

Sergio Tolosano

Anno bisesto, anno funesto

cnn-travel “Anno bisesto, anno funesto” è un notissimo detto popolare che vuole ricordare come gli anni bisestili siano forieri di grandi sventure.


Indubbiamente, tralasciando la superstizione popolare, mai come questa volta il proverbio calza per descrivere la situazione. Un inverno anomalo, una primavera precoce e un evento che ha rivoluzionato in pochi giorni i nostri stili di vita consolidati. Il Covid 19, dichiarato ormai pandemia, ha messo in ginocchio, e lo farà ancora, molti Stati.

Ha fatto la sua comparsa anche nella nostra regione, nella nostra provincia e nei nostri comuni, rapido, inaspettato e sconvolgente. Sconvolgente per le nostre abitudini quotidiane, ma soprattutto per la gravità della malattia. Abbiamo fatto i conti dapprima con le scuole chiuse, poi palestre e impianti sportivi e, dopo il blocco degli spostamenti, via, via più stringente, con la necessità di rivedere le nostre priorità. Tutto ciò che sembrava normale, di punto in bianco, è diventato un comportamento a rischio. Abbracciare amici o parenti, ritrovarsi nei locali, in giro, fare sport, uscire e spostarsi anche solo per fare la spesa, liberamente. Fermata pure buona parte delle attività produttive. Non è che si possa fare altro se non adeguarsi ai suggerimenti e alle imposizioni di esperti e autorità, nella speranza che possa essere sufficiente per noi e per gli altri.

Noi e gli altri, mai così lontani e vicini al tempo stesso. Non sappiamo ancora, al momento di scrivere, se il giornale andrà in stampa e non è sicuramente il momento delle polemiche. Siamo in mezzo al guado e ora bisogna uscirne. È auspicabile però che questo ci insegni molte cose. Prima fra tutte, che la Sanità e la Scuola non sono costi ma investimenti. Sono le strutture che hanno pagato di più l’ostinazione a mantenere rigidi parametri economici, perché quelle in cui è stato più facile tagliare, salvo poi accorgersi in momenti tragici come quello che stiamo vivendo che all’una e all’altra – o meglio, agli operatori dell’una e dell’altra – è richiesto uno sforzo straordinario. Discorso analogo per la Protezione civile e l’Ambiente, sacrificati anch’essi a prevalenti interessi “economici”. Anche questi sono settori in cui è più utile (e alla fine meno costosa) l’attenzione costante piuttosto che l’intervento in emergenza. Insomma si richiede un cambio di passo, una ridefinizione delle priorità. Non dimentichiamo che già ci sono studi seri che collegano la maggior diffusione dell’epidemia proprio con le aree a più alto tasso d’inquinamento.

E non giungano vani gli appelli di chi invita ognuno a fare la propria parte, anche pagando onestamente le tasse dovute. Ci ripetiamo spesso che quello italiano è un grande popolo e che dà il meglio di sé nei momenti difficili. Vogliamo crederci e auspichiamo di lasciarci presto alle spalle un periodo così tragico. Non dimentichiamone però il monito!

Sergio Tolosano

Scuole chiuse

cnn-travel Lo scorso mese abbiamo sottolineato che a Dronero, da parecchi anni ormai, si è interrotto un circolo virtuoso, che aveva saputo creare eccellenze in diversi settori, mostrando evidenti segni di declino della città.


Non così per la Valle, che indubbiamente ha patito un enorme spopolamento prima e dopo la Guerra, ma ora è riuscita a mettere in campo opportunità nuove che possono offrire speranze di rinascita. Lo ribadiamo ancora citando, in questo numero, interessanti iniziative, pubbliche e private che hanno a che fare con tecnologie innovative, filiere bio per l’agricoltura, turismo sostenibile.

Sfogliando le pagine del giornale, potrete incontrare chi ha scelto la pastorizia, chi un nuovo modo di proporre la propria attività commerciale, chi crede in un turismo semplice – citiamo i nuovi percorsi in media Valle – chi ancora ottiene a livello europeo il riconoscimento della propria coltura – il genepì di Stroppo e non solo.
Infine, proprio qui accanto, richiamiamo le opportunità da cogliere nel settore delle energie rinnovabili. Insomma una vitalità che fa ben sperare. Se invece rivolgiamo lo sguardo al capoluogo, vediamo una cittadina sempre più spenta e racchiusa in se stessa. È vero, abbiamo inaugurato un supermercato, ma questo non basta. Nelle vie centrali si sono spente parecchie attività. Tante le botteghe che hanno chiuso negli ultimi tempi e nell’ultimo anno in particolare. Su una mappa della città, i puntini neri sono davvero troppi.

Citiamo, a titolo d’esempio, la chiusura di ben due edicole in poco meno di tre anni. In paese, ormai ne restano solo due e lo stesso Comune di Dronero si è fatto carico – limitatamente al 2019 – di un contributo per la rivendita dei quotidiani nei giorni festivi in un Caffè del centro storico. Certo per la carta stampata sono tempi difficili, ne abbiamo già parlato e torneremo a farlo, ma non è che il paradigma di una situazione più generale che coinvolge tutta Dronero.

Che fare? La domanda non è nuova e non vogliamo scomodare Lenin che la pose come titolo di un testo del 1902. Le risposte, tuttavia, non sono facili. Di sicuro bisognerà inventarsi qualcosa, ma che cosa, al momento noi non siamo in grado di proporlo. È per questo che il giornale si è offerto e si offre come spazio per far sì che le opportunità potenziali possano incontrare le necessità dei cittadini, mantenendo ovviamente l’indipendenza e lo spirito critico che lo devono contraddistinguere.
Sappiamo di ripeterci, ma è proprio a Dronero che è nato il giornale!

Sergio Tolosano