Escursioni in Valmaira.Due gite sulle alture di San Damiano

Podio Escursioni in Valmaira Due gite sulle alture di San Damiano Il sentiero del Podio e una breve e facile passeggiata per famiglie


Il pendio esposto a sud che si trova immediatamente al di sopra di San Damiano presenta un prima parte ripida, molto solare, alta circa 200 metri, sovrastata dal caratteristico borgo del Podio, con la sua chiesa costruita a picco sul fondovalle. Sono ancora ben visibili i vecchi terrazzamenti ormai invasi dalla vegetazione. Al disopra del Podio la montagna diventa meno ripida, più umida e boscosa.

Questo versante è percorso dal bel “Sentiero del Podio”, di recente risistemato e segnalato. Si tratta di un percorso escursionistico non difficile, su sentieri ben tenuti: una salita iniziale porta direttamente al Podio percorrendo il pendio ripido e soleggiato; segue un percorso a anello su terreno ondulato, per lo più boscoso e fresco, che tocca alcune borgate, per ritornare al Podio con una lunga traversata, molto panoramica, quasi pianeggiante, che rappresenta la parte più caratteristica del percorso. Propongo poi una passeggiata più breve e facile, in parte su comodo sentiero e in parte su strade prive di traffico, che comunque percorre anch’essa il tratto più panoramico del sentiero del Podio.

Consigliata a famiglie con bambini o a chi preferisce camminare su terreno sempre comodo. Consigliata anche per una facile gita in bici da montagna e, per i genitori sportivi, è anche percorribile con un passeggino con ruote adatte allo sterrato.

1) Il “Sentiero del podio” da San Damiano Macra Difficoltà: E escursionistico facile e ben tracciato, qualche breve tratto di discesa un po’ ripida Partenza: San Damiano, altezza metri 740. Parcheggio sulla piazza a destra a inizio paese. Dislivello: metri 420 metri circa. Carte: Chaminar en bassa Val Maira di Bruno Rosano. Lunghezza: poco più di 6 Km per tutto il giro Esposizione: varia: prima parte a sud poi nord e ovest, discesa finale nuovamente a sud Tempo di percorrenza per tutto il giro: 2- 3 ore circa per escursionisti medi. San Damiano si raggiunge da Dronero percorrendo la valle per circa 10 Km Itinerario: Dal parcheggio sulla piazza si segue la via provinciale che attraversa il paese in direzione dell’alta valle. Poi, in corrispondenza di un bella fontana si prende un viottolo che sale a destra tra le case, passa davanti alla chiesa parrocchiale e esce dal paese salendo verso la montagna e passando nei pressi di un ripetitore. Il sentiero obliqua a sinistra, poi volge decisamente verso destra, più in alto attraversa la carrozzabile e giunge al Podio (m 947). Si attraversa per intero il bel borgo ristrutturato e si prosegue oltre esso in direzione nord, attraversando poi la borgata Molineri ( m 1021), oltre la quale si volge brevemente verso destra. Il sentiero prosegue, inizialmente al di sopra e a sinistra di una strada carrozzabile, per circa 500 metri nella stessa direzione giungendo in una zona pianeggiante, dove confluisce nel percorso occitano ( m 1100 ) che si segue verso sinistra. Si sale ancora un po’ e poi inizia la discesa con tratti dal fondo un poco sconnesso. In meno di un Km dal bivio si giunge alla borgata Molineri di Pagliero (m 972). Si attraversa il gruppo di case e si continua la discesa verso sinistra, per sentiero fino nei pressi del rio di fondo valle. Si segue una stradina campestre parallela e a sinistra del torrente, fino a giungere dopo breve salita a borgata Torchietto (m 934). Salendo sul lato sinistro della borgata si incontra una fontana da cui si sale (bolli bianco-rossi ) per la via erbosa di sinistra e, dopo un breve tratto ripido, si va decisamente a destra in lieve discesa. Si segue ora il bellissimo sentiero prevalentemente pianeggiante che in circa un Km e mezzo porta al Podio da cui si scende a San Damiano per il sentiero già percorso in salita.

2) Percorso breve: San Damiano – Torchietto – Podio Difficoltà: turistico, stradine e sentiero privo di difficoltà Partenza: San Damiano Dislivello: 200 metri Lunghezza: 4 Km circa Esposizione: ovest e sud Tempo di percorrenza: due ore per una passeggiata senza fretta itinerario: Dalla piazza di San Damiano si segue la provinciale verso Acceglio, all’uscita del paese si prende la carrozzabile che sale a destra per Pagliero. Dopo circa 200 metri si prende a destra per il Podio e, dopo pochi metri, al tornante, si prende a sinistra la stretta strada asfaltata per Torchietto. Si continua per la via, priva di traffico, che poi diventa una bella sterrata, giungendo, in poco più di un Km, a borgata Torchietto. All’inizio del paese si sale a destra, tra le prime due case, per uno stretto sentiero lastricato che porta alla fontana descritta nel primo itinerario. Di qui, seguendo i bolli bianchi e rossi, si sale a sinistra, poi si va decisamente a destra in lieve discesa per percorrere in piano il sentiero che porta al Podio. Il sentiero è molto agevole e estremamente panoramico con vista spettacolare sul fondo valle e sulle alte montagne dell’opposto versante che a aprile sono ancora ricoperte di neve rilucente. Giunti al Podio, si attraversano le case verso destra, si passa a sinistra della chiesa e si scende a San Damiano per il sentiero del Podio che taglia la strada carrozzabile. Il sentiero è bello e comodo ma, chi preferisce può più facilmente scendere per la strada asfaltata che è poco o nulla trafficata. A questo scopo, al Podio, invece di andare a destra, si scende dritto, in direzione est sulla carrozzabile. Sergio Sciolla

Nella fotografia : La fontana di Torchietto

WIR SIND ALLE EUROPÄER – SIAMO TUTTI EUROPEI

covid19 WIR SIND ALLE EUROPÄER – SIAMO TUTTI EUROPEI


Wir sind alle Europaer
Che il fascino della Valle Maira sia diventato famoso ben oltre i confini del proprio Paese, lo sanno ormai in tanti nella Provincia di Cuneo. Il numero dei tedeschi che negli anni sono venuti in valle è in costante crescita; parecchi vengono in estate, ma molti, dopo avervi passato le vacanze, poi rimangono. Con grande piacere è stata accolta la proposta del Dragone per questa iniziativa. Ma cosa vuol dire essere straniero in Italia, in Valle Maira? Una persona nuova in un posto nuovo non è sempre un po’ straniera? Ci siamo sentiti tutti stranieri nella nostra vita. E di cosa abbiamo bisogno per sentirci un po’ più a casa? Di essere ascoltati, ma anche di ascoltare. Che non sia sempre facile, quando si parla una lingua diversa, quando si proviene da un’altra cultura, lo sappiamo tutti. Per fare la differenza ci vogliono la volontà, l´impegno e una buona dose di pazienza. Si creeranno delle incomprensioni, l´importante è non arrendersi. Perché, alla fine, siamo stati tutti in queste situazioni. Al giorno d´oggi, abbiamo la fortuna di vivere in un’Europa unita, dove possiamo circolare liberamente, e vedere posti e culture nuovi e diversi.

I nostri nonni e bisnonni hanno dovuto combattere, i nostri genitori sono cresciuti in una Germania ancora divisa da un muro. Oggi i muri non ci sono più e i confini sono aperti. In fin dei conti, siamo tutti un po’ stranieri ovunque. Anche se siamo cresciuti parlando lingue diverse, in culture diverse, quando la gente in Valle Maira si unisce intorno ad un tavolo con canti e balli non contano più la provenienza e l’accento.Vogliamo cogliere quest´occasione proprio per questo, per parlarci, per rendervi partecipi così come voi avete reso possibile la nostra integrazione nel territorio, uniti dall’amore per questa bellissima valle. Possiamo sempre imparare l´uno dall´altro, possiamo scambiarci le nostre esperienze ed è questo ciò che questa iniziativa vuole promuovere e rendere possibile. Indubbiamente, le nostre culture hanno delle differenze, e qui non parliamo del cappuccino all´ora di cena, per il quale siamo famosi in Italia… I tedeschi ammirano la cosiddetta „dolce vita“, la cercano e spesso la trovano in Valle Maira, con il turismo lento, che permette di staccare per un poco dalla vita frenetica, organizzata e scandita dagli impegni. Fuggire in mezzo alla natura spesso immacolata non ha prezzo.

Il turista, non solo tedesco, cerca questo, e lo trova facilmente proprio qui, da Dronero salendo lungo la Valle Maira. Qui trova la gente che ci vive e che ne condivide volentieri la bellezza. In questo annus horribilis, creare uno spazio di scambio, di comprensione e di spiegazione è la miglior via che potessimo scegliere. Ascoltandoci, possiamo imparare tanto, l’uno dall’altro, possiamo trovare l’occasione per chiarire alcuni pregiudizi sui tedeschi, trovarne conferma o disaccordo tra gli italiani, sempre col sorriso e con leggerezza, o per renderci conto che, alla fine, le cose in comune contano più delle differenze. Perché, alla fine, siamo tutti europei.

Sven Heinitz



Una pagina nuova
Si chiude un annus horribilis, il Dragone vuole dare un suo contributo, sul piano culturale, per ricominciare con i migliori propositi. A partire dal primo numero del 2021 i nostri lettori troveranno una pagina dedicata alla comunità di lingua tedesca della Valle Maira, che il giornale mette a loro disposizione, gli articoli saranno bilingue e avranno come obiettivo quello di avvicinare due culture per molti versi distanti, insomma favorire “la comprensione reciproca” illustrando il diverso approccio al vivere quotidiano che “l’altro” può avere.

L’idea nasce da una chiaccherata con il Presidente del Centro Giolitti, Paolo Bersani, nella quale emerge la necessità di coinvolgere maggiormente la comunità di lingua tedesca presente in Valle, una risorsa importante per tutti. L’istanza viene portata in redazione e qui l’idea prende corpo. Poi una bella cena da Maria Schneider, la capostipite della comunità di lingua tedesca, in quel di Borgata San Martino, durante la quale viene illustrato il progetto a cui, dopo una attenta riflessione, aderisce di buon grado. Troppo spesso culture diverse si arroccano, si arruffano e magari arrivano a combattersi, per reciproca ignoranza, ovvero non conocenza di modi diversi di interpretare il grande libro della vita. La cultura nordica e quella mediterranea presentano molti punti di vista diversi, secoli di incomprensioni, di guerre, non possono scomparire in un attimo. Il modo migliore per esorcizzare questo passato, spesso difficile e drammatico, è quello di “parlarsi” senza la presupponenza dei nazionalismi, con la semplicità della vita quotidiana.

Questo è lo spirito che sottende questa avventura, perchè tale la consideriamo. Sarà una bella esperienza raccogliere le voci, e speriamo anche gli scritti, dei nostri lettori, spesso non giovanissimi, quando si troveranno un pagina del giornale scritta in tedesco. A molti di loro, i più anziani, ricorderà la fanciullezza e per molti non saranno bei ricordi, ma è proprio per mettersi alle spalle un momento triste e difficile del nostro passato ancora prossimo, relegandolo finalmente alla storia, che questa iniziativa è nata.

Per una sorta di nemesi, la stessa cultura che ha messo a ferro e fuoco la nostra valle, ha saputo, tanti decenni dopo, farla rinascere. La rinascita culturale della valle è figlia del contributo degli Schneider e del movimento che hanno saputo generare. Prima di loro si aspirava ad avere condomini, impianti sciistici, funivie e sklift, dopo di loro si è scoperto il fascino della cultura occitana, la difesa delle tradizioni, delle architetture, la politica del tempo ha saputo cogliere il momento e sono nate locande, sentieri, ovvero un turismo alternativo, attento alla natura e alla cultura. Vogliamo dare una mano affinchè tutto questo continui anche oltre le singole persone e, se son rose, fioriranno (Wenn es Rosen sind, so werden sie blühen!).

Massimo Monetti

Val Maira attraverso Google StreetView

giolitti La Val Maira vista attraverso Google StreetView.




Ecco i link ai singoli percorsi realizzati con Google Trekker e disponibili su Google StreetView. Il link si riferisce al punto iniziale del percorso (ultimo aggiornameto 10/07/2022).

DRONERO CENTRO STORICO
Percorsi Occitani – PRIMA (01) Tappa
Percorsi Occitani – SECONDA (02) Tappa
Percorsi Occitani – TERZA (03) Tappa
Percorsi Occitani – QUARTA (04) Tappa
Percorsi Occitani – QUINTA (05) Tappa
Percorsi Occitani – SESTA (06) Tappa
Percorsi Occitani – SETTIMA (07) Tappa
Percorsi Occitani – OTTAVA (08) Tappa
Percorsi Occitani – NONA (09) Tappa
Percorsi Occitani – DECIMA (10) Tappa
Percorsi Occitani – UNDICESIMA (11) Tappa
Percorsi Occitani – DODICESIMA (12) Tappa
Percorsi Occitani – TREDICESIMA (13) Tappa
Percorsi Occitani -QUATTORDICESIMA (14) Tappa
Percorsi Occitani – Lou Viol d’ la Cresto
Sentiero T5
Sentiero d’la Barmo Rouso
Sentiero T4
Sentiero Schneider
Spass Viol
Chersogno(Camosciere) – Campiglione
Monte Chersogno – De Costanzi
Lou Viol dal Geniste’
Sentiero Dino Icardi
Sorgenti del Maira (Munie-Apzoi-Visaisa)
Croce Provenzale – Torre Castello
Cavallero (Scaletta-Peroni-Oserot)


Breve esempio d’uso di StreetView

Vi posizionate su Google Maps dopo il Campo Base (Chiappera), il sentiero è la linea tratteggiata


Premete con un click sull’omino giallo, vedrete che il percorso da tratteggiato diventa blu, i percorsi in blu sono percorribili con StreetView, siano esse strade, siano esse sentieri


Fate di nuovo click sull’omino giallo e, tenendo premuto il tasto del mouse spostatelo su un punto della linea blu


Ad esempio nei pressi del Lago dei Nove Colori, ai piedi dell’omino c’è una specie di circonferenza lampeggiante, quando intercetta la linea nel centro appare un puntino nero e sotto un piccolo riquadro con la preview dell’immagine che troverete in StreeView. Rilasciate il tasto del mouse e vi troverete con StreetView esattamente sul sentiero.


Ecco il risultato

Comunità Energetica di Valle

ce valle Ai primi di Dicembre del 2019 è stato firmato un importante accordo per la costituzione della Comunità Energetica di Valle, ne parliamo con il Presidente Valerio Carsetti.


L’argomento Comunità Energetica di Valle fa parte integrante del Programma con cui mi sono presentato davanti alla Assemblea dei Sindaci della Valle Maira, che mi hanno eletto all’unanimità Presidente, il 6 Agosto del 2019. E’ uno degli argomenti più importanti perchè l’ambiente, ovvero la sua cura, la sua salvaguardia e il suo corretto sfruttamento, è uno dei principi da cui trae ispirazione tutto il mio impegno di amministratore. Chi vive in Valle Maira è molto fortunato, da molti punti di vista, ma sconta alcuni handicap, uno di questi è il freddo, con cui si deve convivere per un numero di giorni molto superiore alla media nazionale, con un conseguente extra costo della bolletta energetica, e si tratta di cifre importanti per un qualsiasi bilancio. Poter avere un aiuto economico su questa voce di spesa può rappresentare una carta importante da giocare per difendere la permanenza in valle delle attività produttive e delle famiglie.

La Valle Maira ha una lunga storia nello sfruttamento dell’energia idroelettrica. Nei primi decenni del ‘900 nacquero gli insediamenti di diverse centrali idroelettriche, di queste oggi ne sono ancora operative quattro, tutte di proprietà ENEL: Acceglio, Ponte Marmora, San Damiano e Dronero. Tutte insieme producono energia per svariati milioni di euro/anno. Negli anni ’90 nacque Maira Spa, società mista a controllo pubblico (51% CM Valle Maira, 49% privati), esempio lungimirante, con l’ambizioso progetto di realizzare ben dieci impianti idroelettrici in Valle. In questi vent’anni di impianti ne sono stati realizzati solo due, ma nel frattempo la cosa più significativa è stata il passaggio da pubblico a privato della compagine sociale, con la quota pubblica che è passando dal 51% al 18% è diventata minoranza.

Vista l’ampia disponibilità di produzione di energia idroelettrica e la presenza di una realtà consolidata quale la Maira Spa cosa poteva fare la Comunità di Valle, ridotta ormai in minoranza nella compagine societaria? O vendere, o rilanciare. Abbiamo scelto la seconda opzione. Grazie anche ai rapporti di buon vicinato che abbiamo con la Maira Spa, che non dimentichiamoci essere entrata nell’orbita IREN (Società Multiservizi dei comuni di Torino – Genova – Parma), abbiamo fatto insieme uno studio per arrivare preparati all’appuntamento con le nuove opportunità che la nuova normativa regionale, in materia energetica, offriva.

Il 5 Dicembre 2019 tutti i comuni della Valle, la Maira Spa e le principali aziende produttive del dronerese (Bitron Spa, Falci Spa) hanno sottoscritto l’adesione di principio alla Comunità Energetica di Valle, ovvero ad un ente senza finalità di lucro, di prossima creazione, partecipato da soggetti pubblici e privati, che avrà la finalità di gestire le forme di autoconsumo collettivo di energia rinnovabile e non. Un nuovo soggetto al quale la recente normativa comunitaria, recepita dalla Regione Piemonte, riserva un ruolo nuovo e interessante, quella del produttore-consumatore o meglio un “autoconsumatore singolo di energia rinnovabile”.

Ricordo anche che la Comunità Energetica di Valle è interessata, oltre che alla produzione da idroelettrico anche a quella da biomasse, in questo ambito Maira Spa ha creato negli anni passati la FORMaira, una società finalizzata alla creazione di un sito per la raccolta ed il trattamento delle biomasse, ma le difficoltà su questo fronte sono svariate a cominciare dai costi per la raccolta, il trattamento ed il trasporto delle materie prime. Tutto questo nostro impegno è stato recentemente premiato dalla Regione Piemonte che, ai primi di Marzo, ha accolto la nostra manifestazione d’interesse per la costituzione di una Comunità Energetica di Valle e ci ha accordato un finanziamento di 10.000 euro per le spese da sostenere nella fase di creazione della Comunità stessa.

Si tratta di una occasione storica per la nostra comunità. Non dimentichiamo che la produzione di energia nella Valle, pari a 300 milioni di kWh, rappresentano per l’ENEL un valore della produzione pari a circa 16 mln di euro, che diventano sul mercato circa 60 mln di euro. Poter essere soggetto attivo nella gestione del ciclo di produzione di questa energia aprirebbe scenari, oggi impensabili, nelle politiche di incentivazione all’insediamento in Valle di siti produttivi e non solo. Possiamo dire con malcelato orgoglio che su questo fronte la Valle Maira non solo si è fatta trovare preparata, ma addirittura molto avanti rispetto alla realtà territoriale piemontese.

Massimo Monetti



Per saperne di più La normativa europea prevede la possibilità di dare luogo a forme di autoconsumo collettivo di energia rinnovabile e non, individuando due fattispecie di nuovi soggetti giuridici con caratteristiche simili: la Renewable energy community (REC) nella Direttiva RED II, e la Citizen energy community (CEC) nella Direttiva elettrica (Direttiva 2019/944).

Renewable energy community (REC) Soggetto autonomo basato sulla partecipazione volontaria di soggetti pubblici e privati, il cui obiettivo principale è fornire, mediante attività di produzione e condivisione dell’energia rinnovabile anche a mezzo di accumulo, benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità, piuttosto che profitti finanziari. Non è contemplata l’attività di distribuzione dell’energia elettrica.

Citizen energy community (CEC) Soggetto autonomo le cui finalità, partecipazione e missione sociale appaiono del tutto simili a quelle previste per le REC, ma la cui definizione prescinde dal carattere rinnovabile dell’energia. Esso può includere il possesso e la gestione della rete elettrica interna alla comunità (servizio di distribuzione elettrica) e può prevedere l’erogazione di servizi di efficienza energetica o servizi energetici in senso lato ai membri della comunità. La Regione Piemonte, con la legge regionale n. 12/2018, ha di fatto anticipato le citate norme europee prevedendo la promozione delle comunità energetiche, quali enti senza finalità di lucro, partecipati da soggetti pubblici e/o privati, costituiti al fine di promuovere il processo di decarbonizzazione dell’economia e dei territori. Il modello di comunità energetica a cui ha guardato la Regione Piemonte è costituito da un mix di caratteristiche proprie delle REC e delle CEC. Tale modello condivide con le CEC l’attenzione per un ambito energetico non esclusivamente rinnovabile, nonché per la riduzione dei consumi energetici dei suoi membri. Peraltro, esso condivide con le REC la vocazione a non esercitare l’attività di distribuzione dell’energia elettrica, in ragione della proprietà pubblica delle reti, unitamente alla precipua attenzione per le fonti rinnovabili, ancorché in via non esclusiva. Inoltre, la L.r. 12/2018 dispone che almeno il 70% dell’energia prodotta debba essere destinata all’autoconsumo da parte dei membri di una comunità energetica.

La contrapposizione tra monte e piano

ragazzi Alte Terre. Il conflitto alpino. Risolvere la contrapposizione tra monte e piano

Torno su un conflitto da risolvere al più presto: Città vs Contado, Pianura vs Alte Terre!
Piazza Castello di Torino colma di manifestanti NO TAV o SI TAV, mentre in Francia tutto procede senza simili manifestazioni, è il paradigma di come vivere le Alpi sul versante italiano e su quello estero presenti differenze sostanziali.
Da noi, specialmente in Piemonte, è evidente un conflitto tra Piè e Monte, oltre confine non è così. Cosa sta capitando qui? Quale è la differenza tra i due versanti?
Se tracciassimo una sezione perpendicolare alle Alpi, vedremmo che il pendio in pochi chilometri in Italia precipita in pianura, sul versante estero invece non c’è separazione netta tra grande pianura e montagna, le città sono lontane e le Alpi se la prendono comoda nel lasciare posto alla pianura.
La spiegazione va cercata proprio nella diversa distribuzione delle curve di livello.
Il confine tra Pianura Padana e Alpi è netto e in Piemonte lungo di esso corre una città diffusa che fa da confine tra due mondi che stanno perdendosi di vista.
Mentre sulle Alpi si sta affermando un deserto verde, in basso c’è una pianura sempre più antropizzata, con un tasso di inquinamento tra i peggiori in Europa, con aree metropolitane che sono motore di sviluppo industriale e una agricoltura intensiva sempre meno sostenibile.
Una società postmoderna, in crisi strutturale, vede nelle Alpi sempre più verdi un alibi, senza sapere che forse l’anello debole sta in basso.
Sul versante estero invece il declino è graduale, le città sono lontane, ecco perché non c’è la frattura geografica, ambientale, storica e sociale che troviamo qui.
Il conflitto che sta emergendo in modo evidente è per buona parte riconducibile a questi fattori.
Aggiungiamo poi che lo spartiacque alpino non ha mai separato le genti montanare che vivono allo stesso modo l’immanenza del territorio, la stagionalità, i problemi logistici e tutto quanto riguarda la vita.
Un approccio maturato e vissuto nei secoli che porta le popolazioni alpine a difendere quanto di sacro e di indispensabile è necessario per vivere quassù: libertà e democrazia.
Il rapporto tra questi due mondi andrebbe ricondotto in un confronto tra pari, per arrivare assieme ad un “patto di sindacato” indispensabile tra Monte e Piano.
Ho vissuto i due mondi, li conosco, ho visto la povertà che ha portato alla desertificazione alpina, ma era una povertà dignitosa che aveva una via di fuga.
Nella pianura, nelle aree metropolitane la povertà ora è in un “cul de sac” di disperazione, è la miseria che sulle Alpi non c’è mai stata.
Cosa si aspetta a unire idee e energie per pensare assieme un avvenire possibile?

di Mariano Allocco

Rocca La Marchisa e Monte Chersogno da Madonna delle Grazie

Pro Escursioni in Valmaira. Due “tremila” della Valmaira per un percorso poco frequentato

Lo spartiacque che fa da confine tra l’alta valle Maira e la valle di Bellino in alta val Varaita comprende cinque vette di oltre tremila metri: guardando da Dronero il primo da destra è il monte Pelvo d’Ella m 3061, poi, un po’ arretrata, rocca La Marchisa m 3074 ( la più alta ), a sinistra il più incombente monte Chersogno m 3024 che si trova completamente in valle Maira. Non visibile dal fondovalle ci sono poi la cima Sebolet m 3018 e il monte Faraut m 3042.
Eccetto il Pelvo, le altre quattro cime sono comodamente raggiungibili dalla valle di Traversiera dove si trova la chiesetta di Madonna delle Grazie, accessibile da Villar di Acceglio sulla destra.
La Marchisa in genere viene salita da S.Anna di Bellino per un itinerario che d’autunno risulta un po’ ombroso e freddo. Da Madonna delle Grazie si percorre il bel vallone di Verzio ampio e ben esposto al sole, adatto per una passeggiata di inizio autunno.
Il monte Chersogno si raggiunge anche dal colle Bicocca, sopra Elva, e da borgata Campiglione di San Michele di Prazzo, percorrendo inizialmente una strada vietata al traffico ma tuttavia piuttosto frequentata da automobili (autorizzate?) che rendono poco gradevole la gita specie quando la strada è polverosa. Più in alto poi nella bellissima conca sotto la parete est del Chersogno è in costruzione una strada che rende l’ambiente molto meno bello. A questo proposito non si capisce per quale motivo mancano i fondi per la manutenzione delle strade piene di buche che collegano i paesi abitati e poi ci sono i soldi per fare delle opere di forte impatto in luoghi di grande interesse paesaggistico che di conseguenza perdono gran parte della loro bellezza; in questo caso non credo siano progetti calati dall’alto, di certo non dall’Unione Europea.
In conclusione, al Chersogno forse attualmente è più bello salire da Madonna delle Grazie.

ROCCA LA MARCHISA METRI 3074
Difficoltà: E (escursionista medio)
Partenza: chiesa di Madonna delle Grazie m 1990
Dislivello in salita: 1100 metri.
Lunghezza: circa 14 Km circa andata e ritorno
Esposizione: prevalentemente a sud
Tempo di percorrenza: 6-7 ore per escursionisti medi
Cartografia: Chaminar en val Maira di Bruno Rosano
Accesso stradale:
Val Maira. Acceglio, Villar. Oltrepassato il paese si prende a destra per Lausetto poi si continua per la valle del rio Traversiera per 5-6 Km raggiungendo la chiesetta di Madonna delle Grazie m 1990
Itinerario: dalla chiesa parte un sentiero verso destra (indicazioni T9 e GTA) che prosegue in lieve saliscendi verso sud-est raggiungendo in poco meno di un Km le grange Verzio Sottano e poi una strada sterrata. La si segue in salita fino al termine (grange Verzio Soprano m 2108). Si prosegue per il sentiero T9 che sale sul lato sinistro del vallone (destra orografica). Il sentiero non sempre è evidente, a tratti si confonde con le tracce del bestiame ma mantiene lungamente la sinistra (per chi sale) del vallone fino a raggiungerne il fondo pianeggiante a quota 2600 alla base del ampio versante sud della Marchisa.
Sempre seguendo il sentiero T9 si perviene con un tratto un po’ più ripido al colle di Vers m 2862 a sinistra della Marchisa. Di qui, a destra una traccia non sempre agevole porta in circa mezz’ora in cima alla panoramica Rocca Marchisa. Ritorno per la via di salita, oppure (difficoltà EE) passando per la cima est più bassa di due metri, poi scendendo sempre verso est al colle della Marchisa m 2930 dal quale, con traverso in lieve discesa verso destra si raggiunge il colle delle Sagne m 2883. Si scende poi verso sud per il sentiero T10 al ripiano quota 2600.

MONTE CHERSOGNO METRI 3024
Difficoltà: E
Dislivello: 1050 m
Tempo di percorrenza: 5-6 ore andata e ritorno
Lunghezza: 12 Km circa.
Esposizione: Sud, finale a ovest
Si segue l’itinerario per la Marchisa fino a quota 2400 circa dove, in una zona un po’ più pianeggiante. Qui si prende a destra, in piano il sentiero T10 che attraversa il vallone.
Appena oltrepassato il rio si abbandona il T10 per salire a destra per una vaga traccia (sentiero Prando) che sale al soprastante ripiano a quota 2500. Il percorso risale poi il ripido e ampio vallone esposto a ovest che porta al passo delle Brune m 2846 che si trova sulla destra di una piccola cima.
Di qui si vede vicino il monte Chersogno. La traccia attraversa sulla sinistra una piccola conca e raggiunge il passo Chersogno sud-est m 2880. Si sale infine per ripida e ampia traccia in 20-25 minuti alla croce di vetta con vista a picco sulla valle Maira, la pianura cuneese e le Langhe. Ritorno per la via di salita. Attenzione a non sbagliare in discesa nella conca tra il passo Chersogno e il passo delle Brune.

Sergio Sciolla

Vita travagliata di un ragazzo del ‘900

Pro Storie della Valle

Originario del vallone della Margherita
Sono nella redazione del giornale per l’apertura settimanale, quando si affaccia all’ingresso un signore di nome Luigi Ricciardi. Lo conosco da molti anni, una semplice stretta di mano come saluto e poi iniziamo a parlare. Luigi, originario del vallone della Margherita, avrebbe piacere di raccontare a grandi linee la storia di suo padre e naturalmente anche la sua al giornale. Fin dalle prime battute il racconto mi entusiasma, ascolto molto volentieri le sue parole e le trascrivo per i nostri lettori.

Costanzo Ricciardi, suo padre, è nato il 18 agosto 1901 da famiglia contadina nella borgata Assarti, in un caseggiato allora denominato “casa bianca”.
Il giovane Costanzo frequenta le scuole elementari, sicuramente non tutti i cinque anni del corso completo, in un locale vicino all’osteria. Cresce e si accorge che il lavoro di contadino di montagna non gli si addice molto; il giovanotto, all’età di soli 17 anni sceglie quindi di arruolarsi in Marina fermandosi per diversi anni e proprio per questo motivo, fu soprannominato il “bel marinaio”.

Il 26 aprile 1924 si sposa a Marsiglia con Maria Raybaud. La vita del marinaio tuttavia lo conduce da un porto all’altro e a Trieste incontra una ragazza che porta il nome di Rosa Totolo. Costanzo abbandona così la moglie dopo pochi anni di matrimonio e in silenzio convive con “la Rosa” senza mai sposarsi fino al 1942.
La sua morte porta la data del 12 aprile 1968 in quel di Genova.

Dalla signora Rosa, Costanzo ha avuto due bambini: Luigi nato nel 1932 e Marius, nato poco tempo dopo, nel 1934.
Lasciata la Marina, Costanzo si stabilisce a Cannes facendo il lavoro di elettricista e rischiando anche la vita un giorno per una scarica di alta tensione.
Nel periodo che va dal 1939 al 1945 – sottolinea con passione Luigi – la famiglia tutta unita torna a Dronero per evitare la naturalizzazione come cittadini francesi, ma non nel vallone di origine del padre; si fermano in paese in via Alfieri 25, nel Borgo Sottano. Nel 1942 il padre Costanzo, per motivi di guerra, va a lavorare in Germania, portando con sé tutti gli averi e lasciando la moglie e i due bambini praticamente sul lastrico. Luigi e Marius hanno ricevuto la Prima Comunione a Dronero dall’arciprete don Giovanni Raviolo e – spiega ancora Luigi oggi 86enne – di quella cerimonia non è stata presa alcuna foto di gruppo per il timore che potesse arrecare danno e per la paura che suscitava allora la presenza delle truppe di occupazione.

Nel settembre del 1945 la famiglia, ormai purtroppo composta dalla sola mamma e dai due figli già grandicelli, sale su un mezzo d’occasione e percorre tutta la Valle arrivando fino ad Acceglio. Da qui a piedi, attraverso le montagne dell’alta valle, fino a Larche e poi giù fino a Barcellonette, ovviamente con molte pause lungo il difficile percorso. Da Barcellonette, un altro mezzo di fortuna li conduce fino a Digne.
Del papà, trasferito in Germania tre anni prima non si è più avuta nessuna notizia, ma pare che finita la guerra sia tornato per qualche tempo in borgata Assarti alla Margherita per far visita a suo padre, Stefano Ricciardi. Da allora in poi le notizie sono molto frammentarie e la famiglia non si è più riunita; famiglia che la mamma, che appena emigrata in Francia era riuscita a trovare lavoro, sostenta come può, barcamenandosi alla bell’e meglio e cercando di garantire l’essenziale ai suoi due figli.

Gli spostamenti, tuttavia, non era ancora terminati e questa volta la meta era nuovamente Cannes, sulla costa. Qui Luigi, ormai quattordicenne, inizia a lavorare da un bravo artigiano e piano, piano impara il buon mestiere di falegname, mobiliere, restauratore e, visto che siamo in una zona di mare, anche di mobiliere per arredi navali.
Il tempo passa veloce, Luigi lavora e diventa adulto. Tredici anni dopo aver lasciato la Valle Maira, siamo ormai nel 1958, esattamente il 25 novembre il giovane si unisce in matrimonio con Jeannine Albine Roberte Dalmasso. Due anni dopo, nel 1960, dalla coppia nascerà una bambina che porterà il nome di Estelle e nel 1966 un figlio chiamato Stefano.
Attualmente la figlia lavora in un ufficio statale nel settore sociale mentre il figlio Stefano lavora presso il comune di Cannes. Stefano, a sua volta sposato con Martina, ha un figlio di nome Tom.

Con il passare del tempo Luigi coltiva la passione per la costruzione di modellini di navi e barche. Un hobby che lo aiuta anche nel suo lavoro di arredi per imbarcazioni e che perfeziona sempre più quasi a diventare un professionista del modellismo.
Il nostro protagonista, Luigi Ricciardi, ormai nonno nel 1992, dopo 45 anni di lavoro, si ritira per il meritato riposo dopo una vita molto dura e travagliata, in particolare negli anni della gioventù. La moglie Jeannine, di alcuni anni più giovane, dopo un periodo di lavoro in tintoria, chiude la sua attività come operatrice scolastica (quelli che affettuosamente chiamavano bidelli).
Negli anni del lavoro in Francia, però, Luigi non dimentica il suo legame con Dronero; la nostra cittadina era tappa abituale delle sue vacanze annuali e piaceva molto anche alla moglie Jeannine. Finalmente nel 1989 i due coniugi acquistano una piccola abitazione in via Camillo Benso di Cavour, arredata con mobili su misura costruiti dallo stesso Luigi e continuano a tornare periodicamente a Dronero, dove sono rimaste ormai molte loro conoscenze.

A questo punto si conclude la nostra chiacchierata che ha spaziato per tutto l’arco del ‘900, ringrazio Luigi per la sua gentilezza, la sua cordialità e la voglia di raccontare quella che per lui è indubbiamente una storia importante: la storia della sua vita.
Auguro ai lettori che provino piacere nel leggerla, penso ne valga la pena!

A cura di Luigi Abello

Roberta Colombero a “Il Contadino cerca moglie”

Pro Dall’Alpe Valanghe di Marmora a cercar marito in televisione.

Alleva vacche e produce formaggi. D’inverno nell’Azienda Agricola Colombero Giulio, vicino a Savigliano. D’estate ad Alpe Valanghe, sopra Marmora, alta Valle Maira. È Roberta Colombero: è la ragazza che sorride nella foto davanti alla casa, la prima a destra con il grembiule. Da ottobre parteciperà alla trasmissione “Il Contadino cerca moglie”. Nel suo caso sarà il contrario, è Roberta che, nella trasmissione, cercherà marito. Nella foto è insieme agli appassionati della Compagnia del Buon Cammino che si sono fermati da lei durante un’escursione in alta Valle Maira, in pieno agosto. Roberta, 29 anni, è margara per passione e per tradizione: rappresenta la terza generazione, dopo il papà Giulio e il nonno Chiaffredo. Insieme alla famiglia produce e vende latte, formaggi, dai tomini al nostrano, alle robiole, agli erborinati, ai semicotti, ma anche yogurth, burro, e ai turisti offre anche caffè e bibite.

Il Nostrale d’Alpe è tra i più apprezzati: è prodotto da una decina di soci, tipo raschera. Delle duecento bestie che alleva, cento sono vacche da latte e quasi sessanta sono munte a mano, per avere un prodotto migliore. Poi ci sono le giovenche e le “asciutte”, le vitelle piemontesi e gli incroci con le frisone, grandi produttrici di latte. Ai primi di luglio inizia la transumanza. Le bestie raggiungono Ponte Marmora in camion: Da lì arrivano ad Alpe Valanghe in 5 ore di cammino, con soste per le bestie e per gli accompagnatori. Per l’occasione vengono ad aiutare collaboratori e amici, uniti nel lavoro comune che diventa quasi una festa, come nella grande tradizione contadina.

All’Alpe Valanghe, Roberta, la famiglia, i collaboratori non sono quasi mai soli. Ai molti turisti che scelgono la Valle Maira, quelli di lingua tedesca sono i più interessati e attenti, si aggiungono anche ogni estate alcuni studenti dell’Agrario di Cuneo per 2/3 settimane. A sua volta, anche la giovane margara continua a studiare con corsi di aggiornamento, dopo aver già viaggiato all’estero. È di una generazione moderna ed ecologica, cui unisce una radicata e profonda tradizione familiare. Da mercoledì 17 ottobre affronterà una nuova avventura: le dieci puntate del programma condotto da Diletta Leotta su FoxLife canale 114 di Sky. La immaginiamo sempre con la consueta allegria e responsabilità. «C’è un solo tipo di successo: quello di fare della propria vita ciò che si desidera», così spiegava la filosofia della sua vita Roberta, in una intervista.

Daniela Bruno di Clarafond

Chiamatela come volete, ma non più Maira Spa

Pro La Maira Spa si affaccia all’orizzonte il primo dicembre 1995, quando, come da programma della nuova Giunta, il Consiglio di Comunità Montana approva la convenzione con Acque Granda, presieduta da Alberto Bersani, per la “redazione di uno studio delle potenzialità idriche della valle”.

Assieme al compianto Alberto Bersani (in questo caso, come in molti altri, la sua esperienza e lungimiranza sono state preziose, a lui la Valle deve molto) e a Giovanni Quaglia, allora presidente della Provincia (anche per questo aveva voluto Acque Granda) avevamo tracciato obiettivi e programma di lavoro per arrivare due anni dopo alla Maira S.p.A.
La scelta di procedere alla costituzione di una società per azioni era dettata dalla necessità di dotare la valle di una struttura organizzativa efficiente per operare sul mercato dell’energia da fonti rinnovabili e prepararsi alla scadenza delle concessioni per le Grandi Derivazioni ex ENEL, occasione già colta dalla Valle d’Aosta.
A marzo del 1997 erano pronti tre studi sulle potenzialità idroelettriche, potabili e irrigue in Valle.

Ben 15 le centraline idroelettriche possibili e il 15 dicembre 1997 presentammo le domande di concessione per le prime 5, le più interessanti:
1 – Frere2, salto di 445 mt e potenza di 2269 KW;
2 – Chiappera, salto di 137 mt e potenza di 1209 KW;
3 – Delle Fie, salto di 210 mt e potenza di 1029 KW;
4 – Prazzo1, salto mt 500 e potenza di 1225 KW;
5 – Sorgenti Maira, salto 90 mt e potenza di 441 KW.
Si censirono anche tutte le sorgenti utilizzabili della valle e si valutarono le necessità di acqua potabile di tutta la Provincia, facendo una ipotesi progettuale di massima per le captazioni più convenienti.
Per l’irriguo si individuarono possibili siti per invasi, ipotizzando un uso plurimo delle acque invasate, la loro distribuzione non più per scorrimento e un cambio colturale per le aziende agricole, il tutto d’intesa con le Confederazioni degli agricoltori.

Per inciso, la storia passata e anche presente dei numerosi progetti per invasi in Val Maira sarebbe da scrivere, sul passato ho già scritto, mi rimane il presente.
Sicuramente il nostro è un caso unico a livello alpino di “sfruttamento idrico progettuale “ che non è ancora terminato.
Gli studi e le proposte furono presentate in Provincia e il pres. Giovanni Quaglia il 22 febbraio 1998 comunicò che “ nella seduta del 2 febbraio scorso il Consiglio Provinciale, dopo attento dibattito, ha deliberato di approvare il progetto “Potenziamento e valorizzazione delle risorse idriche in Valle Maira – Uso idroelettrico” redatto da codesta Comunità Montana e, dato che è conforme alle linee programmatiche del Piano Energetico Provinciale che questa amministrazione ha predisposto, ha inoltre deliberato di recepirlo come parte integrante e sostanziale del citato Piano Energetico Provinciale”.

Comunità Montana, Regione, Provincia e gruppo di lavoro tecnico avevano lavorato sodo con un crono programma condiviso.
Grande attenzione si era prestata al reperimento dei possibili finanziamenti europei, l’ambiente era ovviamente competitivo e gli accordi sottoscritti dalla Valle con Barcellona e con Canal de Provence servivano anche a dare “potenza” alle nostre richieste, che andarono tutte a buon fine.
Allora in Regione l’ass.re alla Montagna era Roberto Vaglio, anche lui ha dato un contributo sostanziale su questo e su tutti i progetti portati a casa.
Dopo l’approvazione della Provincia, il processo di condivisione poteva considerarsi concluso sia a livello istituzionale che imprenditoriale e i tempi erano maturi per la Maira S.p.a., società mista pubblico privata che si costituì il 3 agosto 1998 dal notaio Ivo Grosso in Cuneo.

Il primo consiglio d’amministrazione da me presieduto iniziò a lavorare rinunciando a stipendio e gettoni di presenza.
Una quota non inferiore al 51% del capitale sociale era previsto fosse in mano ad enti pubblici e/o a società a partecipazione pubblica e l’oggetto della società, concordato e condiviso con Provincia, Regione e mondo imprenditoriale e agricolo, era: “analizzare, salvaguardare, valorizzare e gestire lo sfruttamento economico delle risorse naturali e in particolare idriche, della Valle Maira, nel rispetto delle indicazioni di programmazione economico-territoriale comunitarie, nazionali e degli enti territoriali competenti sul territorio”.
Era la prima volta che sulle Alpi si adottava una proposta di questo genere e il modello organizzativo si ispirava a soluzioni che erano state realizzate in modo vincente in pianura.
Dal 2000, anno in cui ho passato il testimone, molta acqua è passata sotto i ponti e nelle turbine delle centrali della Maira s.p.a. che non è più quella pensata e voluta in allora e quando Acque Granda prima e il BIM ora sono usciti dalla società, la scelta delle istituzioni è stata quella di dare spazio ai privati ed a interessi esterni alla valle.

INTECNO amplia la presenza, ma la cosa che più dà da pensare è l’ingresso dell’IREN in quota rilevante.
L’IREN s.p.a. opera a livello nazionale nella produzione e distribuzione di energia elettrica, nel teleriscaldamento ed in altri servizi di pubblica utilità è nata il 1º luglio 2010 dalla fusione tra IRIDE, la società che nel 2006 aveva riunito AEM Torino ed AMGA Genova, ed ENÌA, l’azienda nata nel 2005 dall’unione tra AGAC Reggio Emilia, AMPS Parma e Tesa Piacenza.
Cosa c’entra e che interessi ha l’IREN in val Maira? Perché avrà la maggioranza nel consiglio direttivo?
Lecito chiedersi il perché, tenendo in buon conto che a breve scadono le concessioni delle Grandi Derivazioni delle centrali ENEL, che sia per questo?

La Maira spa ora ha il baricentro degli interessi altrove, non più in valle, diverso anche il metodo con cui si è proceduto ora rispetto ad allora.
Le decisioni, anche qui, sono state prese da pochi “illuminati” e, anche qui, “dialogo, confronto e condivisione sembrano parole morte, prima si decide poi si racconta, prima si parte col progetto poi si chiede il consenso”, valide anche in questo caso le parole usate da altri a proposito del progetto Aree Interne.
Per questo condivido quanto ha scritto Massimo Monetti nel numero scorso, che auspica che la Maira s.p.a. “sia vista dagli enti pubblici della valle come una qualunque società privata sottoposta alla comune legge della concorrenza”.
Se così non fosse, da strumento di sviluppo questa sarà la nuova “Compagnia delle Indie”, i presupposti ci sono tutti.
Come presidente della Comunità Montana che la Maira spa aveva pensata e voluta e di cui sono stato primo presidente e amministratore delegato, una cortesia ve la chiedo : visto che mettete mano allo statuto e al consiglio direttivo, cambiategli anche il nome.

La “cosa” che avete creato non ha nulla a che spartire col “governo del bene comune”, chiamatela come volete, ma non Maira s.p.a.

Mariano Allocco

Nella foto l’impianto di Frere 2 in costruzione nel 2006

La Stella Alpina o Steiletto, regina dei fiori di montagna.

Pro “Ogni volta che l’incontro capisco come ogni essere, pianta o animale, altro non sia se non luce materializzata … ma non oso coglierla perché mi pare un’apparizione miracolosa, un’incarnazione terrestre di una stella celeste, un’esplosione di luce pura col bianco dei suoi petali e il giallo solare dei fiori nei capolini”

Così scrisse Cattabiani nel suo “Erbario simbolico” a proposito della Stella alpina.
E certo non avevamo saputo ammirarla come lui, noi che la prima volta in cui la vedemmo dal vivo eravamo ragazzi, in un’estate di tanti anni fa sulla cima del Sautron durante una camminata con gli amici. La scorgemmo in una fessura di roccia, in quel briciolo di terra di cui si accontenta per crescere fra luglio e agosto.
Non ricordo se allora la raccogliemmo oppure no, ma di certo oggi non avremmo potuto farlo: è specie protetta assai rara, da sempre considerata la “regina dei fiori di montagna” proprio perché cresce nelle zone alpine più difficili da raggiungere, anche oltre i tremila metri di altitudine.
Capace di sviluppare meccanismi di protezione che le consentono di sopravvivere a sbalzi termici anche molto elevati e ad alti livelli di radiazioni solari, il piccolo fiore appartenente alla famiglia delle Asteracee pare una stellina di pezza grigia argento, un po’ pelosetta per resistere a temperature alpine molto rigide. Non teme eccessive perdite d’acqua e questo particolare tradisce la sua originale provenienza da regioni calde ed aride.
In occitano Steiletto (Pons Genre) e Immortèla (nella variante occitano-bernese), mentre il suo nome scientifico Leontopodium, che in greco significa “piede di leone”, si riferisce alla forma del fiore che ricorda vagamente l’impronta artigliare del “re della foresta”.

Popolarmente è a tutti nota come Stella Alpina o Edelweiss, quest’ultimo termine dal tedesco “nobile bianc”’ venne usato fin dall’Ottocento nei paesi germanici come nome proprio femminile che si festeggia il primo novembre.
“Cogliere l’Edelweiss”, nelle regioni alpine di lingua tedesca, divenne un sinonimo di ardimento e audacia. “Verso l’edelweiss” ovvero “De cap tà” è un canto occitano bernese composto nel 1978 e ormai appartiene al repertorio tradizionale, come inno alla libertà e all’amore del proprio paese. Nel suo refrain ripete “Haut, Peiròt, vam caminar, vam caminar,/ De cap tà l’immortèla,/ Haut, Peiròt, vam caminar, vam caminar,/ Lo paìs vam cercar.”
Nonostante il sentimento di familiarità che ci lega alla nostra Stella alpina, anche per il grande fascino delle eroiche vette in cui essa trova il proprio spazio vitale, la sua icona popolare ci pare un po’ troppo sfruttata dai marchi pubblicitari (di abbigliamento, birra e altro .. perfino sull’euro austriaco), che ne hanno banalizzato l’immagine, come non avrebbe meritato se l’avessimo potuta ammirare soltanto in natura, nella sua purezza e semplicità esemplare.

Forse a causa della difficile reperibilità, la piantina non è mai stata neppure molto usata dalla medicina popolare, salvo che in Tirolo per il trattamento dei dolori addominali e per la tosse.
Di recente ad alcuni suoi componenti, isolati nella radice (fitosteroli, aminoacidi, flavonoidi, ecc.), sono state però riconosciute importanti proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antibatteriche. Soprattutto nella cosmesi per la cura delle tanto temute rughe intorno agli occhi, segno tangibile di vecchiaia in questa società che non sopporta la decadenza fisica e sempre più tende a inseguire il mito di Pan.
Eletta a simbolo del coraggio per lo sprezzo del pericolo che dimostra chi vuol raccoglierla, la Stella alpina, secondo l’erboristeria magica avrebbe il potere di rendere invisibile chi la indossa. Tra le tante leggende che l’accompagnano, la più nota e sconsolante è forse quella della Regina delle nevi, bella e pura per non aver potuto realizzare il suo amore proibito di potersi unire all’uomo di cui era follemente innamorata, solo perché lui era un mortale.
Di qui la trasformazione/punizione ad opera degli dei, in fiore, l’ Edelweiss appunto che nasce in luoghi irraggiungibili per gli esseri umani.
Un insegnamento ambiguo o forse un dis-insegnamento. Certo un pratico avvertimento che nella vita chi aspira a ciò che non può raggiungere deve poi ripiegare sul concreto. Vale a dire che “il meglio è nemico del bene”.

Gloria Tarditi

difiorinfiore.blogspot.com