Valle Stura, una storia di valanghe

Pro Un singolare episodio del 1775

L’età presenta tanti inconvenienti ma è anche fonte di simpatiche sorprese. Vi domanderete da cosa nasce questa affermazione. Inutile dilungarsi in esemplificazioni, ma una eccezione mi sento di farla, forse perché stimolato da una coincidenza stagionale. La sorpresa in cui sono caduto di recente è infatti legata a una storia invernale, vale a dire a quella stagione che abbiamo appena superato. Di più: il legame è rappresentato da quel fenomeno tipico di ogni inverno, presente o passato, che lega idealmente i giorni invernali: la neve e con essa le valanghe.
Noi tutti, lettori de Il Dragone, con le nostre radici o frequentazioni montanare, conosciamo il fenomeno, alimentato dalle cronache giornalistiche. L’enciclopedia alpina lo definisce “caduta di un cumulo nevoso” e ne specifica le tipologie. Il fenomeno caratterizza i nostri inverni alpini segnalandosi purtroppo il più delle volte per i disastri umani e materiali che si lascia alle spalle. Anche la recente invernata, purtroppo, non ne è stata avara.
Con questa premessa, legittima è la domanda: su quale base si è collocata la sorpresa con cui ho aperto il mio scritto? Chiarito subito che il sottoscritto non è stato vittima di valanghe o slavine, mi sono però incontrato con una storia che ha avuto la sua incredibile vicenda proprio in una valanga, anzi, in tre valanghe cadute in successione tanta da avere gli effetti di unico tragico fenomeno. Il quale fenomeno riuscì tanto singolare da essere ricordato a distanza plurisecolare. A questo punto sento il dovere di invitarvi a un passo indietro. E’ il 1989 quando, ecco la sorpresa, la ben nota rubrica “Specchio dei tempi” de La Stampa pubblica una lettera del sottoscritto. Tema: una colossale valanga che in Valle Stura aveva seppellito la frazione di Bergemoletto, in un vallone della vicina Demonte. E’ una valanga la cui memoria sopravvive nel tempo (si verificò nel 1775) e la cui singolarità di effetti giustifica che un lettore, nella circostanza il sottoscritto, ne scriva su La Stampa dopo oltre due secoli e ancora oggi si diletti nel farne la storia su Il Dragone. Eccola.

“Bergemoletto, piccola borgata a 1300 metri di quota in Valle Stura, presso Demonte. E’ il giorno di San Giuseppe del 1775. L’inverno ha scaricato per settimane metri di neve e un improvviso tepore provoca la caduta di ben tre valanghe che in rapida successione seppelliscono gran parte dell’abitato.
Anna Maria Roccia, 40 anni, i figli Margherita di 11 anni e Antonio di 5 e la cognata Anna di 24 anni, restano prigionieri nella stalla che soltanto parzialmente crolla. Il muro ove vi è la mangiatoia e la trave del colmo hanno retto sotto una massa nevosa che a conti fatti risulterà di circa 25 metri. Inutili i tentativi dei soccorritori di raggiungere le case e le presunte vittime (mancano all’appello 22 persone). Le donne hanno 15 castagne. Per fortuna con loro vi sono due capre, di cui una partorirà durante la prigionia. Nutrite con paglia forniranno il latte. Dopo una settimana il bimbo muore, le donne, rifugiate nella mangiatoia, perdono il senso del tempo in condizioni incredibili di umidità e disagio, la neve sgocciolante ovunque, in un’alternanza di disperazione, depressione e molta preghiera.
Il 18 aprile il disgelo consente i primi lavori di scavo. La notte del 25 uno dei cognati sogna Anna Maria che lo chiama al soccorso. Impressionato, corre, e con altri si butta a scavare. Una pertica affonda sulla verticale della stalla senza trovare ostacolo e lascia giungere una flebile voce…
Curate dall’intelligente medico Nicoletti di Demonte, le due giovani si ripresero rapidamente, mentre Anna Maria conserverà i segni dell’avventura.”
Non vi è nulla da aggiungere. Il ricordo dell’antica valanga serpeggia ancora, in particolare tra le generazioni anche non locali legate alle antiche memorie, memorie che, ne sono convinto, è bello conservare.

Alberto Bersani

Immagine: Il disegno delle sepolte vive sotto la valanga tra le rovine della stalla al Bergemoletto sul frontespizio di un trattato di Ignazio Somis del 1778.