Per un fazzoletto di terra

nuto revelli Dal n.95 della rivista “Il presente e la Storia” dell’Istituto Storico della Resistenza


Espressione usuale questa, aspirazione profonda, fino a qualche decennio fa, del nostro mondo rurale, contadino anche dentro le cinte urbane. Oggi suona distante, sa di sussidiario scolastico degli anni Cinquanta, eppure … sono queste le prime emozioni che ci assalgono fin dalla copertina dell’ultimo numero, il 95, de IL PRESENTE E LA STORIA, rivista semestrale dell’Istituto Storico della Resistenza e della società contemporanea di Cuneo. Un volume ponderoso (trecento pagine) di studi sul mondo rurale cuneese nel Novecento.

La pubblicazione, che intende onorare la memoria di Nuto Revelli nel centenario della nascita, comprende un’introduzione e ben otto, densi saggi su aspetti centrali del nostro mondo contadino, nelle sue specificità e nei suoi tratti comuni a gran parte d’Italia, per un lungo periodo che muove dalle prime indagini tardo ottocentesche (Casalis, Jacini…) per giungere alla fine stessa di quel mondo, simbolicamente, e in parte di fatto, assorbito dalla Michelin. Troppo poco qui lo spazio per ripercorrerne trama e struttura, ma sufficiente forse per invogliare il lettore ad un percorso a dir poco suggestivo.

Un primo, sintetico saggio di Marco Bernardi affronta la nuova relazione degli storici col mondo contadino dopo l’apporto magistrale di Nuto Revelli alla conoscenza dal basso di un universo che muta attraverso i traumi feroci delle guerre ed una dolente esperienza di emigrazione Oltralpe, per giungere all’abbandono di una realtà destinata alla sconfitta e forse all’oblio. Una traccia profonda che ha posto un’esigenza di riflessione critica che va ben al di là dell’abitudine statistica ed erudita consegnataci dalle ricerche ottocentesche e dall’ottimismo degli anni del boom economico.

Due saggi, l’uno di Fabio Milazzo, l’altro di Alessandra Demichelis, aprono orizzonti demistificanti sul “buon tempo antico”, sulle “buone condizioni di salute” dei nostri bisnonni e trisavoli, sui buoni sentimenti e sulla tranquillità sociale della nostra provincia. Il primo guarda al manicomio di Racconigi, punto di arrivo di vite deprivate, specchio di una miseria materiale fatta di pellagra, alcolismo, cedimento nervoso a fatiche disumane, la seconda all’universo criminale, ai drammi personali e familiari, alle vittime di eventi crudeli, a volte efferati. In questa narrazione, frutto di ricerche e studi decennali e che troverà presto un autonomo spazio editoriale, appare in tutta la sua verità la dimensione di una violenza su soggetti deboli e spesso su sé stessi, oggi consegnata agli archivi giudiziari e che appena l’altro ieri costituiva un elemento essenziale della memoria collettiva. Un lavoro che, tra gli altri, ha il pregio di affrontare il tema della memoria necessaria e del “diritto all’oblio”, senza fare sconti ai cantori della “provincia tranquilla”.

In altre pagine Marco Ruzzi e Gigi Garelli affrontano le due “battaglie” del fascismo, la prima, più nota, per l’autarchia cerealicola, la seconda sull’istruzione rurale. Ruzzi, noto soprattutto per le opere di storia militare, interroga prevalentemente i giornali del tempo, richiamando temi che il dibattito economico non ha ancora esaurito. Un lavoro che ha il pregio non comune della chiarezza. I dati sull’istruzione nelle campagne ritrovati da Garelli, consentono una riflessione non scontata sull’uso strumentale della categoria del “ruralismo” fatta del regime, portando nel contempo elementi e numeri che illustrano l’arretratezza culturale delle campagne cuneesi. Belle le pagine in cui si delineano gli obiettivi didattici, che qualcuno ancora si ostina a ritenere “neutrali”. Quali benefici ha lucrato di lì la politica governativa e conservatrice degli anni Cinquanta e Sessanta, viene da chiedersi…

Le pagine di Michele Calandri sul “1945-1965: la fuga dalla miseria” , vero suggello del volume, sono, forse al di là delle intenzioni, il frutto del dialogo dell’Autore con Nuto; dialogo esistenziale durato più di quarant’anni. L’allievo, di diversa generazione, formazione e percorso politico, ha saputo interpretare la lezione, rigorosa ma sempre sottotono del Maestro. In alcune pagine, come quelle sull’istituzione della “Commissione parlamentare d’inchiesta sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla (1951-1952)”, pare di risentire le parole, amare, documentate, senza enfasi, di Nuto Revelli, che il mondo della miseria aveva lungamente interrogato.

Impossibile qui richiamare la ricchezza di informazioni, specialmente di quelle provenienti dalla disamina delle carte dell’Ufficio montagna della Camera di commercio, ma una sottolineatura meritano per noi i riferimenti a Dronero ed alla Valle Maira, che l’autore ben conosce anche in ragione degli studi fatti qualche decennio fa nei nostri archivi e non ancora superati.

Luigi Bernardi