Pietre d’inciampo – Stolpersteine – La cronaca

Dopo la posa delle pietre, nel primo pomeriggio, il Centro Giolitti ha ospitato la Conferenza di Gunter Demnig, preceduta da una prolusione dell’Associazione Dragone.

Ai primi del ‘900 Dronero e la Valle Maira avevano un giornale, Il Progresso, che accompagnò il territorio durante anni di grande sviluppo, la ferrovia, il ponte nuovo, per citarne alcuni. Nell’Aprile 1926 il giornale cessò le pubblicazioni, il Ventennio fascista era ormai iniziato. Poco meno di vent’anni dopo il suo Direttore, Giovanni Lantermino, e l’editore, si direbbe oggi, Cristoforo Coalova vennero deportati a Mauthausen, insieme ad Allemandi, Lugliengo e Marchiò. Era il 2 Gennaio 1944. Nel Dicembre 1969, circa cinquant’anni fa, a Dronero rinasceva un giornale locale, il Drago, primo Direttore Gianni Romeo. Nel Gennaio 2020 l’Associazione Dragone, editore del giornale, ha voluto festeggiare i cinquant’anni celebrando le proprie radici, che partono da lontano, e vogliono andare lontano.

Giovanni e Cristoforo, insieme a Pietro, Giuseppe e Magno, pagarono con la vita, in modo inumano, il proprio impegno. A noi, vissuti in un mondo diverso, libero e prospero, il dovere di continuare a portare avanti il testimone di quell’impegno.

Conclusa questa prima parte la parola passa a Gunter che, con il prezioso aiuto della traduttrice, Francesca, racconta come nacque l’idea delle Stolpersteine. All’inizio di tutto la necessità di sensibilizzare la popolazione di Colonia della tragedia del popolo sinti, prima vittima dei campi di sterminio. “La gente non sapeva, o meglio non realizzava nel concreto la tragedia che si era consumata” dice Gunter “Ecco allora l’idea di collocare delle targhe sui muri, con i nomi delle persone uccise. Questo prendendo spunto da una citazione del Talmud secondo cui una persona viene ricordata fino a quando si ricorda il suo nome. Poi per questioni pratiche le targhe passano dai muri al selciato e si riducono di dimensioni. All’inizio non avevamo i permessi, ma le posavamo lo stesso, poi col tempo la posa venne ammessa e così iniziammo a percorrere tutta la Germania. Nella sola città di Berlino oggi ci sono 8.000 pietre d’inciampo.”

Chiediamo a Gunter come vengono prodotte le pietre, così risponde “Ho volutamente evitato di industrializzare la produzione, le pietre vengono incise a mano, tante le incido io, perchè nel momento in cui leggo i nomi, le date e mi preparo ad inciderli rivivo, anche per un solo istante, le loro storie. Spesso mi trovo a dover mettere in fila un’intera famiglia”

Come si sente, quali sono i suoi sentimenti durante la posa, chiedono dal pubblico. “E’ sempre un momento di profonda commozione, anche se ormai ne ho pasate migliaia. Negli ultimi tempi, però, mi è rimasto particolarmente in mente un episodio che ho vissuto in Germania. Durante gli ultimi anni che precedettero lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la comunità ebraica capì che per loro le cose si stavano mettendo molto male e tentarono di mettere in salvo i figli mandandoli, da soli, all’estero, in Inghilterra, negli Stati Uniti. Nella posa che feci in questa città tedesca sulle pietre erano incisi i nomi di un uomo e di una donna, entrambi di orgine ebraica, che avevano allontanato i propri figli poco prima del 1940. Per quell’occasione i figli tornarono, arrivando da paesi diversi, e uno di loro disse “dopo tanto tempo siamo tornati ad essere tutti vicini, tutti insieme”. Fu un momento di grandissima emozione.”

Artista dalla personalità molto interessante, Gunter Demnig, con una storia personale che è stato un vero piacere approfondire durante il breve pranzo in cui non ha mancato di apprezzare molto la cucina piemontese.

L’iniziativa che il giornale ha organizzato ha avuto un seguito sinceramente insperato, visti anche gli orari sui cui non abbiamo potuto avere voce in capitolo.

Purtroppo abbiamo anche dovuto registrare un fatto spiacevole, che riportiamo per dovere di cronaca, ovvero il rifiuto a concedere l’autorizzazione alla posa della pietra d’inciampo davanti all’ingresso della casa che fu di Lugliengo, in Viale Stazione, da parte di un proprietario del condominio, la motivazione ve la risparmiamo per carità di patria.

Infine alcuni ringraziamenti, non di circostanza, il primo alll’Amministrazione Comunale che ha messo a disposizione i propri mezzi in modo convinto ed efficace. Il secondo all’Arciprete Don Graziano, abbiamo voluto leggere la sua presenza come un segno di continuità con il suo predecessore, il mai dimenticato Don Raviolo, tanto si prodigò per tentare di salvare i cinque deportati, e una misura del profondo legame tra le nostre genti e l’isituzione religiosa che egli rappresenta. E infine un grazie a tutti i cittadini droneresi.