Non più Cenerentola

covid19 La scuola, dopo aver avuto un ruolo di “Cenerentola” per lunghi anni, ora pare essere al centro dell’interesse.


Ne parlano i politici, gli amministratori, i giornali ed i comuni cittadini. La chiusura totale,per quattro mesi a causa della pandemia da Covid19, ha riportato l’attenzione di tutti su questo importante aspetto della vita di un Paese. Ma quanto è vera questa attenzione o, meglio, quanto questa attenzione è focalizzata sulla scuola come istituzione?

Tutte le preoccupazioni, indubbiamente giuste e presumo sincere, sono dirette ad evitare nuovi blocchi, a far sì che le famiglie possano avere delle certezze sul regolare svolgimento delle lezioni, a superare tutte le difficoltà registrate con la didattica a distanza che ha richiesto un grande sforzo di impegno e di improvvisazione dal parte di tutto il personale, delle famiglie e degli studenti perché non si era preparati – in genere – a questo tipo di scuola. Fermare la scuola ha ripercussioni pesanti anche sul lavoro e sull’economia.

Il nodo fondamentale, a mio avviso naturalmente, risiede però a monte. Ovvero quanto ci crediamo nella Scuola (la maiuscola non è per caso), noi cittadini e lo Stato italiano. Torniamo per un momento alla Carta costituzionale – tema che mi è sempre caro – che, all’art.34 assegna alla scuola un carattere di universalità “La scuola è aperta a tutti”. In altre parole sancisce un diritto per tutti all’istruzione, così come all’art. 4 riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e si impegna a realizzare le condizioni per promuovere questo diritto.

Credo che proprio da qui, ancora una volta, si debba partire per assegnare finalmente alla Scuola il ruolo che le compete. Ovviamente in questa situazione ci sono problemi di emergenza che vanno risolti e che richiedono investimenti, anche significativi. Ma proprio l’emergenza in cui ci troviamo nostro malgrado, dovrebbe insegnarci – a noi e a chi di volta in volta ci governa –che la scuola non può essere considerata un capitolo di spesa soltanto, un settore nel quale tagliare, come si è fatto per molto, troppo tempo, solo per rimettere faticosamente in linea un traballante bilancio dello Stato.

E tagli analoghi – non dimentichiamolo – sono stati attuati per anni nella Sanità, senza per altro riuscire ad eliminare sprechi che indubbiamente ci sono. Non a caso, ancora la nostra Costituzione ci dice, all’art. 32, che: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività …”. La Scuola, dunque, così come la Sanità – e lo si è visto chiaramente nei mesi appena trascorsi – sono settori di investimento di un Paese che si definisce civile. Una volta superata la fase di emergenza è assolutamente auspicabile, credo, che si debba pensare proprio a questo. Investire seriamente nella Scuola significa investire nel futuro di un Paese.

Sergio Tolosano