Dialogo fra un nostalgico e un palazzinaro

artesio IL NOSTALGICO: La terra è piena di angoli in cui qualcuno ha lasciato l’anima, e a volte perfino il corpo.
E’ successo anche a me. Io mi ricordo la vecchia cascina: è là che ho baciato Giovanna per la prima volta. Di sicuro se lo ricorda ancora anche lei. Era stata una cosa goffa e veloce, perché suo padre ci stava cercando, anzi, ci stava trovando, e avevamo dovuto nasconderci in fretta nella legnaia. E poi comunque la fuga non era bastata, perché i gatti avevano iniziato a miagolare così tanto che d’improvviso non eravamo più un segreto per nessuno. Ma me li ricordo ancora, i due occhi di lei, mentre suo padre si avvicinava con quello sguardo furioso. Sembravano due scoiattoli spaventati eppure ubriachi di coraggio. Sembravano due bambini che si fossero cacciati davvero nei guai, ma che avrebbero dato tutto per fare di nuovo ogni cosa, subito, dall’inizio.

Il nostro passato, i ragazzi che fummo dormono in quella vecchia casa, in quei prati. Luoghi poetici in cui qualche volta è accaduto qualcosa di divino, qualche volta qualcosa di crudele, o qualcosa magari di piccolo, di segreto, e per questo ancor più prezioso.
Ce ne sono tanti di luoghi così: per questo la terra vale molto.

IL PALAZZINARO: Non esistono luoghi poetici. Esistono soltanto luoghi edificabili e luoghi senza valore. I tuoi prati e la tua cascina li abbiamo resi edificabili. Ricapitolando: la terra ci è costata X Euro al metro quadro. Poi, la demolizione della cascina ci costerà Y Euro. Oneri vari e tasse, un altro po’ di soldi. Quanti soldi che diamo ai comuni… e la gente ancora ci critica. Siamo noi che teniamo in piedi i bilanci di quei loro enti locali, dei loro asili e dei loro pulmini, dovrebbero ringraziarci. Il nostro cemento è latte e miele, per loro. Non se ne rendono conto. Senza contare quanto lavoro diamo in giro… e loro sempre a crocefiggerci sui licenziamenti, sulla sicurezza sul lavoro, su quel tipo di appalto o quell’altro, facendoci il pelo e il contropelo sul verde che diventa edificabile o sugli spazi per i servizi che diventano alloggi. Se fosse per loro, si fermerebbe tutto, sono il popolo dei no. Invece che criticare tanto la moderna edilizia, io vi dico: fateci l’occhio. A Milano nessuno li critica, i palazzoni. Non hanno neppure tempo di contestarci, perché a Milano lavorano, loro sì che lavorano. Ecco, lo dico soprattutto a quelli del popolo dei no: andate a lavorare, tanto per fare qualcosa di diverso dal solito, tanto per costruire qualcosa anche voi e farvi passare un po’ di idee strane. Questo è il mondo moderno; se preferite la preistoria, sono fatti vostri, siete voi a essere fuori posto.

IL NOSTALGICO: Quanto era dolce la nostra preistoria. Qui ho baciato Giovanna per la prima volta. Suo padre arrivava da questa direzione, quando ce ne siamo accorti ormai avevamo le spalle al muro. La legnaia era qui – piena di gatti, come dicevo prima. Le cascine dei gatti, le chiamavano proprio così.

IL PALAZZINARO: I permessi sono a posto, la licenza edilizia, il piano regolatore, le altre scartoffie: tutto in ordine. Noi demoliamo domani: se vuole può fare delle foto prima.

IL NOSTALGICO: Abbiamo già altri mostri architettonici qui intorno. Alcuni vuoti, altri quasi. Vuol dire che non servivano, potevamo risparmiarceli. La città è piena di alloggi vuoti, eppure continuate a costruirne ancora. E’ come se in casa nostra continuassimo ad aggiungere armadi senza avere materia per riempirli, fino a consumare tutto lo spazio per vivere.

IL PALAZZINARO: E’ il progresso.

IL NOSTALGICO: Smettetela di misurare il progresso con il numero degli armadi. Consumate sempre più territorio, aggiungete sempre più cubature. Quando finirà?
Tutto questo mi ricorda la storia dell’isola di Pasqua: gli abitanti tagliarono fino all’ultimo albero della loro terra, inseguendo la follia di costruire e trasportare idoli sempre più grandi. E tutto finì con l’isola devastata, senza più un filo d’erba e le statue degli idoli mezze distrutte da un popolo in preda alla fame. Tanto tempo fa, con Giovanna parlavamo sempre della storia dell’isola di Pasqua, perché ci spaventava e insieme ci affascinava constatare quanto gli uomini potessero essere ciechi. Ed è proprio la legge dell’isola di Pasqua che distrugge ora la nostra cascina.

IL PALAZZINARO: Mai sentita questa legge. Delle leggi si occupano i miei avvocati. E ora comunque non ho tempo per lei. Lei non ha idea di cosa significhi fare il mio lavoro. Altro che pensare al passato. Io la mia giovinezza l’ho dimenticata completamente.

IL NOSTALGICO: Diceva Pascal: “Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce”. Poi ci sono le ragioni del cemento, che sono lontane sia dalle ragioni del cuore che da quelle dell’intelletto. Eppure sono proprio le ragioni del cemento, a prevalere. Qualcuno dice che sia il treno del progresso. A me piacerebbe tanto poter scendere.

Mairaviglie