Si è spento Gian Paolo Cucchietti, la grande anima della “Bici Cucchietti”. Aveva 72 anni, partecipò a cinque Giri d’Italia. Nel 1967 vinse il Gran Premio Città di Antibes in Francia. E’ stato l’atleta agonista più importante per la Città di Dronero. |
Villar San Costanzo – L’eterna tristezza di un addio. Il piccolo centro di Villar San Costanzo e tutto il mondo del ciclismo hanno vissuto a metà settembre, lo scoramento per il congedo da una delle figure più illustri a livello sportivo e dirigenziale dello sport delle due ruote: l’ex professionista, l’ideatore delle “Bici Cucchietti”, il Presidente del gruppo sportivo, l’artigiano, l’amico di sempre Gian Paolo Cucchietti. Poco dopo le 19 e 30 di venerdì 19 settembre il cuore di Gian Paolo ha ceduto. Arresto cardiaco. Inaspettatamente. E’ come se fosse caduta una montagna. Lo sport cuneese perde una stella polare. Era una gigante della fatica, sette anni da professionista (dal 1965 al 1971), sempre a “aiutare” i capitani. E che capitani: Balmamion, Zilioli, Michelotto, Durante e Gosta Pettersson (vincitore del Giro d’Italia 1971). Ha avuto la fortuna di gareggiare nelle stagioni più straordinarie del ciclismo mondiale, ha pedalato (qualche volta li ha anche preceduti) accanto ai campioni che hanno scritto la storia di questo sport: Gimondi, Motta, Adorni, Balmamion, Zilioli, Taccone, Zandegù, Basso, Bitossi, Dancelli, Panizza; i belgi: sua “maestà” Eddy Merckx e Rick Van Looy; i francesi: Anquetil e Poulidor: gli spagnoli Jemenez, Ocana, Perez Frances; lo svizzero Ritter e il “tedescone” Rudy Altig.
L’improvvisa scomparsa di Gian Paolo mi ha colpito profondamente perché lo conoscevo da oltre cinquant’anni, fin da quando aveva iniziato la sua incredibile avventura di corridore ciclista. Avevo 12 anni, il ciclismo mi era già entrato nel sangue e con l’amico Venanzio Gianti (scomparso nel 1982) invece di studiare, passavamo ore e ore nel cortile di casa Cucchietti per aspettare che Gian Paolo tornasse dall’allenamento e puntualmente ci regalava un cappellino, una borraccia, una fotografia autografata … materiale che andava a ruba, scambiato con i compagni di scuola a prezzi elevati, non “lire”, ma gelati, caramelle, cioccolato e la mitica bevanda “spuma”! Poi gli accadimenti della vita ci hanno uniti, la passione per il ciclismo fungeva da collante. Assieme a seguire le corse, a far festa, a commentare le grandi corse a tappe ed anche un po’ di “salotto” nella sua bottega artigiana che profumava di ciclismo antico. Ho sempre stimato la sua onestà, l’intelligenza, la coerenza, la capacità di guardare avanti, di creare qualcosa dal nulla, senza modificare se stesso e la propria volontà di dire pane al pane quando era necessario. Posso testimoniare che Gian Paolo aveva scarsa pazienza con i cretini e gli ipocriti, abbagliava con il fascino di una pietra dura anche le persone più ruvide. Sembrava immortale.
In cinquant’anni non lo mai sentito dire “Oggi non mi sento bene”. Aveva cavalcato stagioni e calendari, mestieri e professioni, corse e corridori, fornitori e clienti, giornalisti e giornalai. Aveva attraversato il Novecento e si era lanciato nel Duemila come in un’infinita corsa a tappe, ogni giorno una partenza e un arrivo, ogni giorno un gran premio della montagna e un traguardo, e ogni giorno il bacio della miss, sempre la stessa, sua moglie, Mariangela. Era uno dei “gregari” più amati e apprezzati del ciclismo professionistico anni ’60 e ancora arrossiva, per invincibile pudore, quando qualcuno gli tributava un elogio. Non amava mettersi in mostra, far passerella, parlare in pubblico pur sapendo esprimersi con lucida e rigorosa incisività. Era fiero di essere un “artigiano della bicicletta”, aveva del suo mestiere un’interpretazione rigorosa, quasi talebana, un duro, umile lavoratore al servizio dei suoi clienti, senza protagonismo e senza sopraffazioni. Una ricerca costante di chiarezza, uno sforzo continuo di capire i desideri dei suoi clienti, dal cicloturista della domenica al dilettante perfezionista, dal pensionato che voleva dedicarsi al ciclismo per dimagrire al bambino di sette anni che voleva iniziare a gareggiare. Aveva idee precise, ma il suo segreto era l’umiltà. Sapeva ascoltare.
Un personaggio insostituibile che lascia a chi resta immense responsabilità, e la consapevolezza che sarà impresa pressoché impossibile raggiungerlo nel carisma e nell’operato che, nel corso della sua lunga vita di corridore ciclista, artigiano e dirigente sportivo, ha sempre ricevuto coro unanime di consensi e di apprezzamenti. Ma nel cuore di chi lo ha sempre amato, alberga anche la consapevolezza che dal paradiso dei ciclisti Gian Paolo saprà in un modo o in un altro insegnare la strada giusta da intraprendere. Non ci sarà bisogno di invocarlo, la sua mano troverà costante appoggio sulla spalla di chi lo ha sempre amato, ammirato e stimato.
Guido Campana