Mostra di Giuseppe Cavallera – Copeco

prodronero Nei locali della vecchia Castiglia di Saluzzo, tornati agli antichi splendori del Marchesato, è stata inaugurata il 20 aprile scorso una mirabile Mostra antologica tutta dedicata alla pittura di un grande saluzzese, Giuseppe Cavallera, soprannominato “notino” dai familiari, ma più conosciuto ai più come “Copeco” (la moneta spicciola del rublo), il nome che si era dato quando alla fine del ’43 decise di salire in montagna in val Maira; la stessa valle dalla quale se n’era andato suo padre, Giuseppe Cavallera, medico, ma soprattutto socialista, che nel 1895 abbandonò la natia Villar San Costanzo per andare in Sardegna a “portare il socialismo”.

Appunto a Carloforte, nell’isola sarda di San Pietro, nacque nel 1900 Giuseppe subito soprannominato “Notino” per non confonderlo con il padre, anche lui Giuseppe, che in quell’anno era in carcere per aver sostenuto una lotta sindacale dei battelieri dell’isola di San Pietro.
Si sposterà poi in varie città d’ Italia seguendo gli itinerari politici del padre e arrivando a Saluzzo quando il padre nel 1919 viene rieleletto deputato nelle file del Partito Socialista nel collegio di Cuneo.
Completa gli studi in Ragioneria e poi in Economia e Commercio ed inizia ad insegnare, non senza qualche intoppo: viene sospeso infatti dall’insegnamento, quando nel ’28 si scopre che non è iscritto al Partito Nazionale Fascista.
E’ in quegli anni che comincia ad appassionarsi alla pittura, entrando anche in contatto con gli ambienti artistici torinesi, ove allora dominava la scena artistica Felice Casorati, con cui entra presto in una sintonia non solo artistica.
Ma l’arte non lo assorbe al punto da non avvedersi di quanto gli succede intorno: il fascismo imperante, la miseria diffusa degli anni ’30 che lo inducono ad abbandonare Saluzzo e a stabilirsi con la famiglia nella vecchia casa paterna a Villar San Costanzo, da dove ogni mattina con la bicicletta raggiunge Busca per poi arrivare a Saluzzo, ove aveva ripreso ad insegnare.
Infine la guerra, poi l’8 settembre ed il formarsi delle prime bande partigiane che lo vedono attivo sulle pendici intorno a Dronero, tanto a maneggiare le armi quanto a tracciare con la matita su pezzi di carta di fortuna schizzi di baite, interni di misere stalle e soprattutto paesaggi che appaiono ai suoi occhi in fogge misere e stentate, quasi che la Natura partecipasse delle stesse difficili condizioni alle quali erano costretti gli “umani”.
Senza pretendere di voler rubare il mestiere ai critici d’arte, in particolare all’amica prof. Ida Isoardi che ha curato l’allestimento della Mostra, a chi scrive verrebbe quasi da dire che a “Copeco”, il nome di battaglia che si era dato durante gli anni del partigianato, la Natura, sia quella umana che quella animale e vegetale formino un “unicum”, scarno e misero, ma in perenne tensione verso condizioni di vita più degne.
Ed è forse questo l’insegnamento che egli ha raccolto dal padre ed ha voluto trasmettere a tutti noi attraverso la sua mirabile arte.
La Mostra resterà aperta fino al 30 settembre tutte le domeniche e le altre festività dalle 15 alle 19.
colgroup