La “questione migranti” è entrata a piedi giunti in valle e non è argomento attorno al quale si possa fare melina. Non la farò e dico la mia in modo franco. |
Cominciamo col contestualizzare il problema perché quanto sta succedendo non ha nulla a che vedere con i flussi migratori degli ultimi tre secoli, altra è l’analogia a livello storico.
L’attuale situazione europea ha evidenti quanto sottaciute similitudini con cosa succedeva nel 4° e 5° secolo, quando un Occidente ormai inerme, con un esercito mercenario, in piena crisi economica e istituzionale, si confrontava con un monoteismo antagonista e cercava di gestire al meglio flussi migratori spinti da guerre, carestie e cambiamenti climatici.
Questi furono i fattori che portarono al “declino e caduta” dell’Impero Romano.
Si badi bene che allora nessuna di quelle genti si fermò sulle Alpi, che furono popolate secoli dopo quando signori illuminati garantirono “libertà e buone vianze” a coloro che sceglievano di farsi montanari.
Ora l’ininterrotta affluenza di fuggitivi raccolti dalle navi di soccorso che stazionano quasi stabilmente davanti alle coste della Libia continuano a chiamarla “emergenza migranti”, ma emergenza non è, è normalità.
Due umanità completamente diverse si confrontano.
Da un lato c’è chi arriva da noi con i barconi e che non potrà procedere oltre, perché l’Europa sta blindando le nostre frontiere, dall’altro ci siamo noi che non capiamo bene come e da chi tutto questo sia voluto e gestito, se dal caso o da interessi più grandi di noi che stanno rimestando nei conflitti tra Sud e Nord del mondo.
Sicuramente attorno a questo fenomeno sono in ballo flussi di denaro enormi e la sua gestione, se basata su buonismo, slanci emotivi o, ancor peggio, su sensi di colpa indotti artificiosamente, rischia di provocare disastri sia per popolazione italiana che per stessi migranti.
In una Italia in cui il tasso di disoccupazione supera l’11%, con quello giovanile al 40% circa, spacciare le migrazioni, peraltro incontrollate, come risposta alla mancanza di manodopera è velleitario e se qualcuno dice che questa può essere la risposta allo spopolamento dei borghi alpini denuncia un approccio strumentale, se non amatoriale, ad una questione che merita ben altra attenzione.
Ridate “libertà e buone vianze” alle valli, solo così si ripopolano i borghi alpini, solo così si possono creare spazi di accoglienza.
Nella nostra valle l’atteggiamento da parte di qualcuno, per me, è stato sicuramente “zelante”.
II 12 novembre scorso, quando il prefetto non aveva ancora avanzato alcuna richiesta, Prazzo deliberò di “informare il Prefetto che il Comune sta lavorando al problema e a trovare la disponibilità di locali….” , interessante, tra le altre, una dichiarazione di voto “poniamo il problema come opportunità…..in quanto consente di gestire il problema dei profughi portando nelle casse dei comuni dei soldi”.
Quando poi il Prefetto comunicò che ogni comune doveva accogliere 6 richiedenti asilo, pena il “liberi tutti” alle cooperative, al vertice si seguì una strada che nessuna altra valle aveva ancora percorso.
A chi è venuta questa idea? In che sede è stata discussa? Quali consigli comunali hanno messo al loro o.d.g. l’argomento? Qualcuno ha fatto qualche analisi sull’impatto che avrà questa decisione sul piano sociale, economico e organizzativo?
Do per scontato che questa scelta sia stata avallata da una analisi dell’impatto sulla società di valle, analisi che sarebbe interessante conoscere.
Il Prefetto fa il suo mestiere e lo fa anche bene, gestisce la situazione in base ad obiettivi definiti, i suoi però, i nostri quali sono?
Sono certo che qualcuno si sta organizzando per gestire una comunità eterogenea di migranti in paesi in cui nella brutta stagione ci sono una decina di abitanti, in proporzione è come sistemare 60.000 migranti a Cuneo (tra l’altro, quanti ne ospita Cuneo?), come sono certo che il tutto sia stato ben ponderato e si saprà come evitare che si inneschino derive divisive nelle comunità locali.
Sono anche sicuro che i decisori hanno ben valutato la situazione e sapranno assumersi le loro responsabilità.
Sarebbe stato forse opportuno e saggio verificare con le comunità locali preventivamente quale strada seguire, perché convocare riunioni a decisioni ormai acquisite non è coinvolgimento, ma comunicazione.
Sindaci e organizzazioni sul territorio in altre valli hanno deciso in modo diverso da noi.
In val Maira si è preferito scegliere la strada dello zelo e qualcuno ha addirittura anticipato i tempi, ovvio che questo zelo abbia ricevuto il plauso dall’esterno, ci mancherebbe, siamo stati i primi della classe!
I numeri però sono cocciuti e impongono una riflessione: +139,86% per gli sbarchi in Italia a gennaio – marzo 2017 rispetto al 2015, mentre in Spagna l’anno scorso gli sbarchi sono stati in tutto poco più di 8000.
I numeri di richiedenti asilo da ospitare in valle di cui si discute ora sono quelli assegnati nel 2017, cosa succederà l’anno prossimo? Qualcuno ha idee al riguardo?
Quanto gioverà esserci mossi in questo modo senza aver cercato di affrontare la questione cercando un accordo con le altre valli per aggregare maggior potenza contrattuale e facendo tesoro di approcci altri?
Sarebbe interessante conoscere la posizione dell’UNCEM e dell’ass.re regionale alla montagna al riguardo.
A proposito di atteggiamenti “buonisti”, mi torna alla mente quanto diceva un ecclesiastico, Don Garnero, dal 1908 per sessant’anni parroco a Prazzo: “essere buoni non vuol dire essere minchioni”, ma erano altri tempi e lui era figlio di quei tempi.
Mariano Allocco