Sembra un ottimo binomio per la salvaguardia ambientale e la conservazione di risorse, tuttavia il nuovo regolamento sugli imballaggi dell’Unione europea, che sarà pubblicato il prossimo 30 novembre, ha sollevato numerose perplessità. |
La Commissione europea, in pratica, punta a far ruotare tutto attorno al concetto principale del riutilizzo e a ridurre la quantità di imballaggi immessi sul mercato, sollevando forti timori da parte di chi i rifiuti li ricicla. Secondo gli ultimi dati, in Italia sono più di 700mila le aziende che rischiano di essere travolte dalla nuova proposta di regolamento europeo che di fatto andrebbe a colpire il sistema economico del Paese che nell’industria del riciclo vanta un primato europeo.
Per Confindustria, che auspica uno slittamento degli impegni, il provvedimento potrebbe avere impatto su più di 6milioni di dipendenti. Si tratta praticamente della totalità delle aziende associate al Conai, il Consorzio nazionale imballaggi, a cui andrebbero aggiunte quelle del settore agricolo, della logistica e del packaging nonché i produttori di macchine per imballaggi. Nella bozza di testo è prevista anche una riduzione degli imballaggi generati pro capite del 5%, entro il 2030, del 10% entro il 2035 e del 15% entro il 2040. È indubbiamente un fatto positivo, ma che incide in modo pesante sul concetto di riciclo sviluppato negli ultimi trent’anni con la messa a punto di tecnologie efficaci per dare nuova vita a quella gran parte di rifiuti che può essere recuperata. Un ambito in cui l’Italia eccelle visto che nel 2020 ha dato recuperato 371mila tonnellate di acciaio, 47mila di alluminio, 4 milioni di carta, quasi 2 milioni di legno, 1 milione di plastica, 2 milioni vetro. Circa 10 milioni di tonnellate di materiale complessivamente, a dimostrazione di quanto il Paese si sia attivato.
Dati ancora più recenti (Rapporto Unirima 2022) ci dicono che l’Italia, in Europa, è seconda solo alla Germania per il riciclo della carta con circa 7 milioni di tonnellate di carta da macero (+3% rispetto all’anno precedente) recuperate. Ecco dunque le ragioni del conflitto: la necessità di ridurre drasticamente la quantità di imballaggi immessi sul mercato contro un’eccellenza italiana che già ne avvia al riciclo oltre il 70% del totale e offre grandi opportunità di lavoro.
Oltre alle fondate paure dell’impatto del regolamento europeo, per l’industria del riciclo si è aperto un altro difficile fronte. I consistenti aumenti dei prezzi dell’energia stanno facendo emergere criticità nella filiera. Una crisi che sta travolgendo imprese del riciclo messe a dura prova dal caro bollette e dalle difficoltà di approvvigionamento. Molte rischiano di chiudere interrompendo il virtuoso percorso che porta all’immissione sul mercato di prodotti provenienti dalla valorizzazione dei rifiuti. Un effetto domino che rischia di vanificare gli sforzi fatti per prevenire la dispersione dei rifiuti in discarica.
Sergio Tolosano