Lo scorso 29 febbraio, la Montagna è stata al centro dell’incontro “Promuovere lo sviluppo locale in condizioni avverse”, organizzato da un gruppo di studiosi universitari ed esperti di aree rurali,presso il Collegio Carlo Alberto di Moncalieri. L’iniziativa ha riunito attorno al tavolo operatori, imprenditori, accademici erappresentanti di forze politiche, piemontesi e nazionali, che si sono confrontatisulle possibili azioni per rispondere al fenomeno della marginalità delle terre alte e sulle strategie da mettere in campo per integrare i territori montani in un disegno armonico con lo sviluppo urbano. |
L’incontro si inserisce all’interno di una ben definita finestra di opportunità rappresentata dalla decisione dell’Europa di elaborare un piano strategico per la costituenda “Macroregione Alpina”, un’occasione, che potrebbe essere l’ultima, per ripensare i modelli di sviluppo delle Alte Terre europee. L’area alpina identificata dalla strategia europea è il più ampio hub europeo a livello economico e produttivo, con un enorme potenziale di sviluppo: 46 regioni che attraversano 7 Stati (Italia, Germania, Francia, Slovenia, Austria, Svizzera e Lichtenstein); 76 milioni di persone che vivono nello territorio più ricco dell’Ue. Le città ne sono parte integrante. Le energie rinnovabili, il settore primario, le piccole e medie imprese, i servizi essenziali, costituiscono alcuni dei temi che la nuova strategia dovrà affrontare.
Per raccogliere pienamente la sfida i territori montani si devono attrezzare. Una delle proposte emerse nell’incontro “Promuovere lo sviluppo locale in condizioni avverse” è la creazione di un centro di ricerca alpino con sede a Mondovì e collegato in rete con altre realtà regionali ed extraregionali, in grado di produrre forme di innovazione non tanto trasferibili nelle Terre Alte secondo logiche top-down e urbano-centriche desuete – come ha sottolineato l’On. Enrico Borghi – bensì frutto della ricerca-azione realizzata al suo interno.
Lungo l’arco alpino italiano sono già operativi da tempo almeno due importanti centri di ricerca che operano secondo questa impostazione: ad Est, l’Euraccon sede a Bolzano; al Centro, Unimont a Edolo (Valcamonica). Pur nella differenza di origini, di approcci e statuti, entrambi gli enti infatti mirano a valorizzare pienamente la loro natura alpina,mettendola in gioco rispetto alla nuova strategia europea, e puntano su di essa come carattere fondante tanto dell’identità istituzionale che della comunicazione pubblica. È evidente come manchi oggi ad Ovest dell’arco alpino italiano un istituto che, con proprie peculiarità e approcci, possa costituire un polo di innovazione montana per raccogliere quelle spinte e tendenze che si stanno manifestando con evidente intensità. Un centro di ricerca, didattica, formazione e consulenza da e per il territorio alpino, laddove quest’ultimo sia considerato il frutto proprio dell’intreccio tra la dimensione locale e il nuovo orizzonte europeo rappresentato dalla strategie europea
I Rettori dell’Università e del Politecnico di Torino, il Prof. Ajani, e il Prof. Gilli, hanno condiviso la progettualità emergente e dato il loro sostegno a un accordo in fieri che potrà concretizzarsiin un documento programmatico con la Regione Piemonte, rappresentata dal Consigliere Antonio Ferrentino, e gli altri attori locali coinvolti. Il Comune di Mondovì ha garantito la disponibilità della sede del Politecnico di Via Cottolengo, pienamente funzionante, all’interno della quale potrà nascere il centro per l’innovazione montana. Il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Enrico Costa, presente nel pomeriggio, ha ribadito l’importanza del progetto, anche per ripensare i servizi essenziali superando una mera logica basata sulla densità demografica, molto penalizzanteper le aree montane.
Nelle Alte Terre la popolazione continua a diminuire, le imprese non si insediano, gli spazi coltivati arretrano di fronte all’avanzare della boscaglia, le infrastrutture materiali e immateriali rimangono drammaticamente insufficienti. E la montagna, vista dalla città, oscilla tra la visione della natura selvaggia e incontaminata e quella del loisir domenicale, fatto da un turismo mordi e fuggi. Le politiche nazionali e regionali, poi, sono in gran parte concentrate sulle grande agglomerazioni urbane e gli enti locali intermedi sono stati smantellati dalla riforma del Titolo V. I piccoli Comuni – vera ossatura istituzionale della montagna – sono sempre più piccoli e senza risorse, Lo spazio alpino, però, è prima di tutto un luogo antropico: costruito nella Storia dall’uomo e per l’uomo. Non è natura da conservare “intatta”, né luogo di svago. È una risorsa preziosa, da integrare in un disegno armonico con lo sviluppo urbano. E il suo destino non è segnato dall’orografia o dell’altimetria, ma dalle politiche pubbliche e dall’azione collettiva dei territori e per i territori. Il Piemonte ha già perso molti treni per lo sviluppo locale delle Alte Terre, se perderà anche questo potrebbero non essercene altri.
Filippo Barbera
(Dipartimento di Culture, Politica e Società – Università di Torino e Collegio Carlo Alberto di Moncalieri)