Acceglio ricorderà Matteo Olivero, il “suo” pittore nei giorni di Ferragosto, su iniziativa della PROLOCO O’BACCO di Frere, con la collaborazione della Comunità Montana, del Comune di Acceglio e di Maira spa |
In particolare, lunedì 13, con inizio alle ore 17, si terrà, nella Sala Polivalente in borgata Frere, una conferenza, a cura del critico d’arte e scrittore Roberto Baravalle,con proiezione di numerose immagini riguardanti la vita e le opere dell’artista.
Saranno anche presentate una serie di riproduzioni dei suoi lavori che saranno collocate, in futuro, in valle (S.Damiano Macra, ecc..) in modo da sottolineare il legame tra lui e l’alta Valle Maira.
La mattina dello stesso giorno verrà scoperta una targa ricordo a Pratorotondo.
Matteo Olivero (Acceglio 1879 – Saluzzo 1932) è, con ogni probabilità, l’artista moderno più importante che la Provincia di Cuneo annoveri. Sicuramente, il maggior pittore “di montagna”, di tutti i tempi, attivo nella Granda, e uno degli esponenti più importanti del Divisionismo italiano, la corrente pittorica alla quale fu sempre indissolubilmente legato.
Altro legame indissolubile fu quello con le montagne tra le quali era nato e alle quali ritornò con regolare frequenza per tutta la vita, tra un soggiorno a Torino e uno a Venezia, tra una mostra a Parigi o a Bruxelles, tra una Biennale e una Quadriennale, alternando Acceglio con le lunghe permanenze a Saluzzo e in Valle Varaita, raccogliendo successi e riconoscimenti e anche amarezze e delusioni.
Amarezze e problemi che si stemperavano però tra le vette e i pascoli dell’Alta Valle Maira, dove ritrovava, almeno transitoriamente, il proprio equilibrio e dove realizzò tanti capolavori, osservando il sole, la luce, la neve, estraendo dalla sua tavolozza i magici blu, i viola, i verdi. In grandi composizioni, preparate per le esposizioni importanti o in piccole tavolette, magistralmente e rapidamente dipinte.
“La maggior parte dei miei quadri di paesaggio li ho eseguiti nell’alta valle Macra; e direttamente dal vero; la natura solo mi è maestra” scriveva Olivero nel 1908, in una sua breve autobiografia.
“In Matteo Olivero l’amore per la montagna è un trasporto viscerale, s’identifica con il culto per le proprie radici” ha scritto nel 1994 Giuseppe Luigi Marini lo studioso che, assieme ad Angelo Dragone e a Miche Berra, è stato colui che più a fondo si è occupato dell’artista, contribuendo – tutti, se pure in modo diverso – alla promozione di Olivero da artista di grande successo “provinciale” alla dimensione nazionale.
Ebbe in vita amicizie importanti, appoggi e riconoscimenti, dai coniugi Galimberti al senatore Burgo, presso la cui casa amica compì il gesto estremo che doveva portarlo alla morte ma negli Anni Trenta, altri erano i gusti e le tendenze in Italia. Persona buona, “alla mano”, sempre disponibile, buon compagno, era però travagliato da ansie profonde. Il rapporto intensissimo con la madre, che tanto lo aveva sostenuto e aiutato, si interruppe alla morte di questa nel 1930 e Olivero si sentì solo. Nella montagna cercò ancora conforto ma il suo destino, evidentemente, lo chiamava. Dopo la sua morte, sul suo cavalletto, fu rinvenuto un quadro che ritraeva un paesaggio alpestre.
Acceglio vuole ricordare questo suo figlio, grande e sfortunato, cultore delle nostre montagne, osservatore, frequentatore della poesia che da esse traspare e che, ancora oggi, molti cercano e, se sanno mettersi nel giusto atteggiamento, trovano.
Ha collaborato all’allestimento della mostra e all’organizzazione della manifestazione: Dario Ghibaudo, estimatore della pittura dell’ 800 / 900.
La parte video-immagine della mostra è stata curata dallo studio San Firmino (Manta) di Ugo Giletta”.