TECNOGRANDA, ultimi sviluppi

2016 Ad inizio 2016, vista la situazione cronicamente deficiataria, la regione piemonte decide una strategia per Tecnogranda, sinergia con il MIAC (Società di gestione del foro boario di Cuneo) che rileva, come affitto di ramo di azienda, la parte più consistente di Tecnogranda e circa 9 dipendenti.

Ceduto il ramo d’azienda, se anche di affitto si tratta in realtà questo tipo di operazione ha come finalità lo svuotamento di un’azienda in difficoltà, rimane la scatola, quasi vuota, di Tecnogranda.
Una scatola piena di debiti, con la spada di Damocle della restituzione del finanziamento che al tempo (2003) ammontava a circa 4,5 mld di euro (9 miliardi delle vecchie lire).

Per mantenere in vita la scatola vuota servono soldi e questi soldi vengono, proprio in questi giorni, richiesti ai soci attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale. L’aumento di capitale richiesto è l’ennesimo della breve storia di Tecnogranda, l’amministrazione Acchiardi non ha mai partecipato agli ultimi aumenti per cui la quota di proprietà del comune di Dronero è scesa, ma rimane comunque sempre la seconda in ordine di importanza. La cifra richiesta ai soci per evitare il fallimento è intorno ad 1 mln di euro, la quota del Comune di Dronero si aggirerebbe intorno ai 70-80 mila euro.
Durante l’ultimo consiglio Acchiardi, come già accaduto in passato, invece di spiegare i termini del problema, il piano presentato da Finpiemonte, la sua finalità e la giustificazione della cifra richiesta, si è limitato ad informare della prossima assemblea ( 25 Luglio, data significativa !) impegnandosi a riferire, ovviamente dopo, a giochi fatti.
Senza dubbio la situazione per il Comune non è facile, partecipare all’aumento rappresenterebbe un esborso non indifferente per le casse comunali, e per di più si tratterebbe di spendere danaro pubblico per mantenere in vita una struttura ormai vuota, sostanzialmente si tratterebbe di finanziare il pagamento di stipendi ed interessi sui debiti. Portare i libri in tribunale vorrebbe dire invece restituire, in quota parte, i soldi del finanziamento, senza dubbio costerebbe di più.

Vedremo come si comporteranno maggioranza ed opposizione su un disastro che li vede, in tempi diversi, entrambi coinvolti. L’amministrazione Biglione ereditò la realizzazione da Franco Reineri, rimosse tutti gli amministratori precedenti, senza neanche l’onore delle armi, e diede il proprio assenso alla nuova gestione targata Ing. Mario Alessandro Ferrario che ebbe il doppio incarico (e stipendio) di direttore ed amministratore delegato. Il risultato, dopo 6 anni, fu un buco di 1, 3 mld di euro ed il dimezzamento del capitale sociale. L’amministrazione Acchiardi ereditò una vera e propria bomba ad orologeria, insediò come suo rapprentante l’Ing. Arese, neo-trentenne segretario della sezione locale della LegaNord, che liquidò il disastro che incominciava ad affiorare, come un semplice incidente di percorso causato dal cambio di alcune norme contabili. Negli anni successivi “l’incidente” evidentemente continuò, tanto che in quattro esercizi consecutivi (2011-2014), la società, che intanto aveva cambiato consiglieri, riuscì ad accumulare un passivo totale di circa 2,850 mln di euro. I nodi sono ormai al pettine, vedremo come andrà a finire.

MM