Dalle mele succhi di frutta e aceto. “Nomen omen” (il nome è un destino), osserva Fulvio Romano. Mi ha accompagnato a intervistare una sua ex allieva (sui banchi dello Scientifico di Cuneo, dove insegnava storia e filosofia): è Livia Pomero, facile pensare a pom, mela, e a pomè, melo. |
Siamo a Tetti di Dronero, valletta laterale della Valle Maira con un clima particolare, adatto alla coltivazione delle mele. Giovan Battista e il fratello Marco, padre e zio di Livia, quarant’anni fa avevano impiantato un frutteto di golden. Una novità che si vendeva bene, perché gustosa e tardiva. Un acquirente veniva fin da Ferrara. Il successo spinse molti altri a battere la stessa strada. La produzione di golden si moltiplicò e l’implacabile legge della domanda e dell’offerta produsse i suoi effetti: i prezzi calarono, la coltivazione cessò di essere conveniente.
Per restare sul mercato erano necessari lavorazioni e trattamenti costosi. Erano proprio indispensabili? «Stavamo andando in direzione opposta al buon senso», commenta ora Livia. «Io e le mie sorelle cominciammo a pensare a qualche tipo di mela che avesse meno bisogno di cure e di tecniche artificiali. Pensammo che le varietà locali avrebbero corrisposto a questa esigenza: se nasci in un posto sei già vaccinato a quel microclima. Trovammo un esperto, Giorgio Riba di Monastero, che, tutto a mano, reinnestò a corona le varietà locali: “carpendù”, renette “ravè vert” e “burass”».
Ne valeva la pena? Eccome: se il frutteto “straniero”, come quello delle golden, ha una vita di 20 anni quello autoctono arriva a 40 anni, con meno lavoro e meno spesa.
«Mio padre mi aveva insegnato a fare il primo trattamento quando il fiore di melo sembra avere delle orecchiette di topo e sta per aprirsi. Ma io volevo arrivare a non usare più prodotti chimici, ad avere un frutteto che funzionasse da solo, altrimenti Il costo economico ed energetico sarebbe rimasto troppo alto per poter rientrare delle spese vendendo i frutti». Si sarebbe potuto raggiungere quell’obiettivo? Sì: Livia ebbe conferma alle sue intuizioni dall’incontro con Pietro Zucchetti fondatore dell’istituto italiano di permacultura. È un metodo che insegna ad arricchire il suolo diversificando e scegliendo le specie, ad utilizzare l’acqua piovana filtrata, a preparare e impiegare il compost.
«Ora sogno di vivere qui in un’isola di permacultura, con il frutteto e la casa», spiega Livia. «come ha fatto Zucchetti a Scagnello, sopra Ceva. Ci ha mostrato foto della campagna cuneese di cinquant’anni fa: il terreno era fertilissimo, con tanti alberi di diverso tipo, arricchito dalla biodiversità mentre le attuali monoculture lo impoveriscono».
Altri spunti e suggerimenti preziosi hanno aiutato Livia.
Christiane, francese di Cannes. Psicologa e agronoma, esamina il terreno del frutteto, spiega che è povero di vermi e consiglia di arricchirlo utilizzando il cippato. Ne segue l’acquisto di una grande cippatrice che attaccata al trattore frantuma e restituisce al suolo rami e tronchi che prima venivano bruciati.
Michael, tedesco di Norimberga, è capitato a Dronero per fare una tesi su Espaci Occitan. Ha esperienza della preparazione dei succhi di mela tipici della Baviera. Ha spiegato come procedere, ha fatto arrivare a Dronero le attrezzature utilizzate nelle Mosterei, le case del mosto, che aprono un mese all’anno per preparare i succhi di frutta. Ha finito per fermarsi in Val Maira, ha acquistato una casa a Roccabruna e l’ha ristrutturata. Con la moglie Alexandra, insegnante, e il figlioletto Lorenz, rimane in Germania durante il periodo scolastico. Ma a Dronero torna ogni anno, all’epoca del mosto, per aiutare Livia. E anche per coltivare la sua passione: tradurre e scrivere libri sulle nostre vallate.
Ora Livia ha una duplice attività. Alla produzione delle ottime mele “naturali” del frutteto ha aggiunto la preparazione dei succhi. Con una lavorazione, spiega Livia, che avviene a temperatura molto più bassa di quella abitualmente in uso in Italia, in modo che le qualità organolettiche del prodotto sono assai meglio conservate. È un lavoro delicato, un po’ come fare il vino: «Occorrono almeno sei tipi diversi di mele, dolci, amare, acide, per ottenere un buon risultato».
L’azienda produce anche un eccezionale aceto di mele (ne bastano poche gocce per insaporire con un gusto eccezionale) che, seguendo il consiglio di vecchi contadini, matura per un anno in botti di legno. Da poco tempo si sta preparando alla produzione del sidro.
Daniela Bruno di Clarafond
Succo di mela e sidro di mele: La Mosterei, via Ruata 4, frazione Tetti, Dronero,
tel. (+39) 01719058893, cell. (+39) 3292151135, email lamosterei.2014@gmail.com