E’ passato oltre un mese e mezzo da quando Roberto Colombero, presidente della Comunità Montana Grana e Maira, lanciò l’avventurosa idea che alla cessazione certa a fine anno delle Comunità Montane, le valli occidentali della nostra provincia, dal Po alla Stura di Demonte, dessero vita ad una grande Unione di Comuni montani in grado di raccogliere l’eredità migliore delle vecchie e malconce Comunità, mettendo insieme un territorio vasto e ancora abbastanza popolato, nella speranza di avere un minimo di massa critica sufficiente per farsi sentire dalla Regione Piemonte in primo luogo, poi da Roma e, perchè nò, anche dalle istituzioni europee di Starsburgo e Bruxelles. |
Ora alla fine dell’anno, con le Comunità Montane che, salvo ulteriori rinvii, chiuderanno i battenti si sta assistendo ad un desolante squagliamento dell’idea stessa del territorio montano, con le sue peculiarità che rendono l’ambiente e la vita delle cosiddette “terre alte” non assimilabile ad ogni altro territorio.
Sta succedendo infatti che le cittadine di fondo valle, da sempre porta-bandiera del territorio alle loro spalle di cui usavano andare orgogliosi, siano prese dalla smania di emanciparsi, di scrollarsi di dosso quel retroterra, impoverito di abitanti e anche di prospettive economiche; con l’inevitabile conseguenza che i Municipi della valle, impoveriti di tutto, finiscano per non avere più alcuna forza per difendere quelle condizioni minime di vita collettiva che finora le Comunità Montane avevano garantito almeno ai giovani in età scolare e agli anziani
I segnali di questo sfrangiamento sono tanti, a partire dai quei Comuni come Caraglio, Dronero e Busca che si sono orientati a stare per proprio conto, o tutt’al più a formare Unioni con altri Municipi di una qualche consistenza demografica ed anche economica; una tentazione che circola anche a Bernezzo e anche a Cervasca: questi Comuni, avendo una popolazione superiore ai 3000 abitanti non sono obbligati dalla legge a legarsi in Unioni con altre Amministrazioni.
L’inevitabile conseguenza di simili diserzioni sarebbe che i Comuni piccoli delle valli non potrebbero fare altro che unirsi tra di loro sommando ciascuno le proprie debolezze a quelle degli altri; ma la somma di tante debolezze è ben lontana dal fare una forza, finendo per confinare nella irrilevanza più totale il territorio montano con la sua ricchezza paesaggistica e la sua secolare e per certi certi versi anche gloriosa storia.
Le nostre valli si erano popolate quando la pianura era preda di popoli che in massa migravano alla ricerca di terre più ricche di quelle da dove essi venivano; un tempo lontano, durato grosso modo lungo tutta la seconda metà del 1°Millennio. Esse sono rimaste popolate fino al pieno sviluppo della Rivoluzione industriale, che da noi ha coinciso con l’arrivo del XX° secolo e che ha portato con sé due tragiche guerre che hanno sottratto alle valli quasi tutta la loro ”meglio gioventù”.
Poi ci ha pensato la Fiat e per noi a Cuneo la Michelin a completare lo spopolamento delle nostre valli
Le Comunità Montane erano state pensate tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70 per porre un piccolo argine a questo esodo; obiettivo che purtroppo è stato sostanzialmente mancato.
Oggi siamo alle prese con una crisi economica che è anche in gran parte crisi di quel modo di vivere frenetico e consumistico che ha contribuito non poco ad accelerare lo spopolamento della montagna; anzi paradossalmente si invoca da più parti la necessità di modelli di vita improntati ad una sobrietà ed autenticità che era, guarda caso, una delle caratteristiche dominanti e quotidiane della vita in montagna.
Franco Bagnis