Umanisti o tecnologi?

Ha suscitato polemiche l’affermazione – pochi giorni fa, in una trasmissione Rai – del Ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani: “inutile studiare quattro volte le guerre puniche, serve cultura tecnica”.


In realtà, le guerre puniche si studiano tre volte, ma non è questo il punto. Migliorare la cultura tecnica, come suggerisce il ministro, è indubbiamente una necessità sempre più attuale, ma non può e soprattutto non deve escludere la formazione classica e storica. L’indagine del Consorzio interuniversitario Alma Laurea, considerando tutti gli atenei italiani, indica un tasso di disoccupazione al 29%, ad un anno dalla laurea, per coloro che hanno una formazione umanistico-letteraria. Per i laureati in materie del gruppo scientifico il tasso di disoccupazione è il 20,3%. I due dati non differiscono poi tanto l’uno dall’altro; è significativo inoltre il fatto che tra i primi il 48,1% ritengono quel tipo di laurea efficace per il proprio lavoro, mentre nel secondo gruppo l’efficacia percepita è più bassa, pari al 47,1%. È noto anche che numerose aziende assumono laureati in filosofia come responsabili delle Risorse umane e molti di loro partecipano all’elaborazione di algoritmi nel settore informatico. E stiamo parlando del livello più alto di specializzazione, umanistica o scientifica, quello della laurea. Nel corso della formazione dei futuri cittadini, ovvero tutto il ciclo dell’obbligo scolastico e fino al diploma di maturità – dove peraltro le riforme si susseguono ad ogni cambio di ministro – non possono mancare la storia e la lingua italiana, accompagnate da un giusto mix di conoscenze scientifiche e tecnologiche e di lingue straniere. Ecco che qui si innesta la seconda polemica di questi giorni. Non deve sparire la prova di italiano dall’esame di maturità. Questo il senso dei numerosi appelli al ministro dell’Istruzione, Bianchi, che chiedono un ritorno alla normalità dopo due anni di esami covid-compromessi.

D’altra parte proprio in questo periodo l’Inghilterra introduce lo studio del Latino in 40 scuole secondarie statali con un investimento di 4 milioni di sterline. L’Inghilterra, paese di lingua e cultura anglosassone, fautrice dell’uscita dall’Unione europea dell’intera Gran Bratagna, attua questa decisione e il ministro dell’Istruzione Williamson afferma che il latino “può portare così tanti benefici ai giovani, ma non deve essere una materia elitaria, riservata solo a pochi privilegiati”. E tornando al ministro Cingolani, fu proprio durante la seconda guerra punica che Siracusa resistette a lungo all’assedio di Roma grazie soprattutto al genio di Archimede, grande matematico e inventore dell’antichità, insomma un padre della tecnologia. Come al solito il Paese tende a schierarsi sui due fronti, ma il tema non deve essere divisivo e deve portare ad una giusta sintesi, di certo al passo con i tempi ma che non dimentica le proprie radici.

Sergio Tolosano

Giornata mondiale dell’insegnante

covid19 Siamo ormai abituati alle “giornate mondiali di …” durante l’anno sono circa 160 quelle riconosciute dalle Nazioni Unite, e sono destinate ad aumentare. Quella del 5 Ottobre commemora la sottoscrizione delle Raccomandazioni dell’UNESCO sullo status di insegnante ed è stata istituita nel 1994.


Con l’adozione dell’Obiettivo 4 di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, “Istruzione di qualità”, gli insegnanti vengono riconosciuti come soggetti chiave per l’attuazione dell’Agenda 2030 sull’educazione. Il loro impegno ritenuto fondamentale per fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti, con l’obiettivo di incrementare il livello di alfabetizzazione globale e ridurre l’abbandono scolastico precoce. Il Direttore Generale dell’UNESCO Irina Bokova in occasione della ricorrenza ha affermato: “Gli insegnanti costituiscono un fondamento essenziale della forza a lungo termine di ogni società –essi forniscono ai bambini, ai giovani e agli adulti le conoscenze e le competenze necessarie per soddisfare le proprie potenzialità”. E pure il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi ringrazia, con un videomessaggio, tutte le docenti e i docenti della scuola attraverso i canali social del Ministero: “A tutti gli insegnanti, a tutti coloro che svolgono con grande dedizione questo intenso sforzo di relazione umana, va il mio ringraziamento”. Ed infine anche le organizzazioni sindacali della scuola sostengono che: “Adesso sta al governo dare risposte perché la Giornata mondiale degli insegnanti non sia solo una celebrazione e perché il rinnovo del contratto di lavoro assicuri agli insegnanti il giusto riconoscimento della loro professionalità e del loro ruolo sociale”. Sì perché in Italia – e lo afferma l’OCSE – gli insegnanti sono pagati poco più della metà dei loro colleghi tedeschi e decisamente meno della media dell’Unione europea (-12%). Non è certo questo lo spazio per affrontare problemi di portata così ampia, ma ci pare giusto sottolineare che non basta istituire una “giornata per …” e poi dimenticarsi delle questioni che tale giornata sottende, nella scuola come negli altri settori. D’altro canto tutti abbiamo potuto constatare quanto la pandemia abbia stravolto le usuali forme di insegnamento e quanto gli insegnanti, in prima persona, abbiamo saputo mettersi in gioco per non interrompere i percorsi educativi. Lo ha potuto toccare con mano anche la comunità locale con le soluzioni alternative che la scuola ha messo in atto negli ultimi due anni scolastici, a partire da marzo 2020. Ben venga dunque la “giornata dell’insegnante” ma non si deve aprire e chiudere nell’arco di 24 ore, bensì trovare la continuità che merita.

Sergio Tolosano

Il valore del voto

covid19 Lunedì 4 ottobre, alle 15, si chiuderanno i seggi per le elezioni amministrative di Dronero. In questa tornata, dopo il rinvio della scorsa primavera, sono quattro i candidati che si contendono il consenso dei cittadini per guidare l’Amministrazione per i prossimi cinque anni.


Quattro liste in campo, con il sistema maggioritario previsto per i comuni fino a 15mila abitanti, è una sfida interessante e quanto mai aperta. All’interno del giornale diamo ampio spazio ai quattro candidati – in una sorta di tavola rotonda che abbiamo organizzato a distanza – per esprimere il proprio punto di vista e la propria soluzione su argomenti rilevanti per il paese, mentre non sono mancati incontri in presenza organizzati singolarmente da ciascuna lista per coinvolgere e informare la popolazione. Volgiamo per un momento lo sguardo indietro fino al 1995, la prima volta in cui si è votato con il sistema dell’elezione diretta del Sindaco: i candidati erano tre e si recarono al voto l’86,5% degli aventi diritto. Quattro anni dopo, nel 1999, due sole liste parteciparono al voto cui presero parte l’80,37% degli elettori. Proseguendo, arriviamo al 2004, nuovamente tre liste in corsa con una partecipazione leggermente più bassa di votanti, 79, 74%. Nel 2009 assistiamo ad un precedente analogo alla situazione attuale, ovvero quattro candidati alla carica di sindaco, ma è ancora scesa la percentuale di chi si è recato alle urne: furono il 78,37% degli aventi diritto. Si tornò a votare nel 2011 solo due i candidati e gli elettori sono scesi al 75,14%. Veniamo infine alla tornata del 2016 dove si affrontano nuovamente due sole liste e i votanti calano ancora (66,88%). Tutta questa serie di numeri per dire che l’interesse a decidere chi deve amministrare il proprio paese di residenza è calato parecchio, quasi 20 punti percentuali in poco più di 25 anni. E se vogliamo illustrare ancora meglio questo concetto è bene ricordare che nel 2004 e nel 2009 per diventare Sindaco di Dronero fu sufficiente raccogliere poco più del 37% dei voti validi. Come ricordiamo sovente sul nostro giornale, Dronero ha bisogno di tante cose e lo hanno sottolineato pure i candidati alla guida del paese. Le quattro liste, ovviamente, riducono il quorum per risultare vincitori ed è anche probabile che lo scarto tra l’una e le altre non sia così grande. In questo momento, quindi, c’è bisogno anche di partecipazione e poiché -usando un termine preso in prestito dal mercato – “l’offerta” è ampia è doveroso che siano in molti ad esprimersi. Insomma è importante esercitare il diritto-dovere di voto, sancito dall’48 della Costituzione.

Sergio Tolosano

Rilancio

covid19 Questo mese abbiamo dedicato l’apertura del giornale alle Falci. La storica fabbrica dronerese, dopo un lungo periodo di declino, si avvia quanto meno ad una stabilizzazione e- auspichiamo – ad un rilancio.


Le parole dei due nuovi proprietari: “… ci guardiamo intorno per cogliere nuove opportunità “ indicano una chiara volontà e alimentano questa speranza di ripartenza. Una ripartenza che si coglie a livello più generale anche dai dati diffusi dall’ISTAT, relativi a giugno 2021. In Italia si registra, rispetto al mese precedente, un aumento degli occupati e una diminuzione sia dei disoccupati sia degli inattivi. La crescita dell’occupazione (+0,7%, pari a +166mila unità) si osserva per gli uomini, le donne, i dipendenti, gli autonomi e per tutte le classi d’età. Il tasso di occupazione sale al 57,9% (+0,5 punti). Il tasso di disoccupazione è sceso al 9,7% (-0,5 punti) e torna, dopo cinque mesi, sotto la soglia del 10%; tra i giovani si attesta al 29,4% (-1,3 punti). Sono numeri, nel complesso confortanti, soprattutto se, come pare dalle prime rilevazioni, la tendenza verrà confermata anche per i mesi di luglio ed agosto. Insomma, sembra che gli effetti catastrofici della pandemia sulla nostra Economia stiano allentando la presa. Timidi segnali, che però vanno nella giusta direzione e mai come ora è necessario prestare la massima attenzione a tutti quegli aspetti che li possono rafforzare. Le opportunità che paiono a portata di mano con il Piano di ripresa (Pnrr) ed i relativi finanziamenti europei, sono probabilmente un’occasione irripetibile da utilizzare con tutte le accortezze del caso per evitare gli sprechi e gli “appetiti” insani che hanno quasi sempre generato i flussi di denaro. Come nel caso della salvaguardia ambientale – mi si passi il paragone un po’ azzardato – per queste che sono “risorse non rinnovabili” occorre prestare la massima attenzione al modo in cui vengono spese. Solo instaurando un ciclo virtuoso – con il contributo di tutte le parti in causa – si potrà consolidare la ripartenza. E di rilancio –vogliamo crederci – si parla anche per quanto riguarda equità fiscale e recupero dell’evasione quando tra gli obiettivi dichiarati dal Ministero dell’Economia si indica la cifra di 12,8 mld di euro a regime nel 2024. Un 10% circa dell’evasione annuale stimata, ma già un passo significativo, se realizzato pienamente. Così come vogliamo intravvedere nella nuova stagione Falci un’opportunità di rilancio per Dronero, auspichiamo che i piani a livello nazionale non rimangano esercizi sulla carta, ma si traducano presto in reali opportunità per il Paese.

Sergio Tolosano

Covid e scuola

covid19 Si è concluso da poco il secondo anno scolastico condizionato in modo pesante dal Covid e – mentre l’epidemia rialza la testa per colpa della variante Delta – si rincorrono le promesse di politici e autorità per iniziare le lezioni, a settembre, regolarmente in presenza.


I nodi irrisolti sono però ancora tanti a cominciare dall’insufficienza di personale e dei trasporti –la principale causa delle chiusure – le cui carenze sono ancora ben lungi dall’essere superate in modo efficace. E mentre questi problemi si addensano all’orizzonte è delle settimane scorse la pubblicazione degli esiti dei test sui livelli di apprendimento della scuola italiana che fotografano un situazione preoccupante. Le prove INVALSI 2021 hanno coinvolto oltre 1.100.000 allievi della scuola primaria (classe II e classe V), circa 530.000 studenti della scuola secondaria di primo grado (classe III media) e circa 475.000 studenti dell’ultima classe della scuola secondaria di secondo grado (maturità). Ebbene, nel raffronto ai dati 2019, l’unica a tenere sostanzialmente è la scuola primaria ma per il resto c’è un consistente arretramento degli esiti in italiano e matematica sia alle medie che alle superiori. Nella secondaria di primo grado, gli studenti che non raggiungono risultati adeguati sono: in Italiano il 39% (+5 punti percentuali rispetto sia al 2018 sia al 2019) e in Matematica il 45% (+5 punti rispetto al 2018 e +6 punti rispetto al 2019). Nell’ultimo anno della secondaria superiore, rispetto al 2019, nel 2021 gli studenti che non raggiungono risultati adeguati sono: in Italiano il 44% (+9 punti percentuali rispetto al 2019) e in Matematica il 51% (+9 punti percentuali rispetto al 2019). La serie di numeri e raffronti è ampia, ma già questi sono sufficienti per rendersi conto – come peraltro affermano ormai in molti – che la didattica a distanza, pur avendo avuto il merito di sopperire in parte alla chiusura forzate delle scuole, non regge il confronto con l’insegnamento in presenza. Ciò nonostante le scuole superiori, proprio quelle con valutazione peggiore del livello di apprendimento, hanno assegnato i giudizi migliori. Sono raddoppiati i cento e i cento e lode. Già la Maturità speciale del 2020 ha prodotto voti alti, superiori alla media delle ultime stagioni. I “100”, quest’anno sono il 9,9 per cento contro il 5,6 per cento dell’anno scorso. I “100 e lode”, sono il 2,6%, (erano stati l’1,5% dopo l’esame 2018-2019). Un candidato su otto ha preso il massimo dei voti: la scorsa stagione era stato uno su quattordici. Per il bene della Scuola e degli studenti auspichiamo che si possa lavorare in presenza.

Sergio Tolosano

Ambiente e riciclo

covid19 La notizia che il piccolo comune di Celle Macra sia stato il primo ente locale a firmare un’intesa a supporto dell’Associazione Plastic free, è senz’altro un fatto importante che sottolinea l’attenzione all’ambiente della Valle Maira. Attenzione ribadita anche dalla presentazione del progetto Floema presso l’AFP di Dronero. Inziative, entrambe, di cui diamo conto all’interno del giornale.


La pandemia da Covid ha avuto, ed ha ancora, un risvolto decisamente negativo anche sul fronte ambientale. Il consumo enorme di mascherine di protezione ad esempio oppure l’utilizzo di confezioni monodosi alimentari nelle mense, se da un lato garantisce la sicurezza personale, dall’altro aggrava il problema dello smaltimento della quantità di rifiuti prodotti e del loro possibile recupero. Per altro, l’Italia con il suo Pnrr (Piano nazionale di ripresa), all’interno del piano europeo Next Generation EU, assegna complessivamente risorse per poco meno di 70 miliardi di euro a “Rivoluzione verde e transizione ecologica” proprio in un’ottica di miglioramento ambientale e di sostenibilità. Questo mese, in queste poche righe, vorremmo porre l’attenzione su questo problema mondiale e su due soluzioni che arrivano proprio dal cuneese. Nei primi giorni di giugno è stata avviata una sperimentazione presso la sede di Mondovì del Politecnico per il recupero delle mascherine. “La parte principale delle mascherine, quella di colore azzurro per capirci, che rappresenta circa il 70% di una mascherina chirurgica, è realizzata con materiali che possono essere lavorati e trasformati per diventare plastica per ricavarne mobili o arredi. Si tratta di un processo tecnicamente fattibile, e neppure troppo complesso» dice il responsabile del progetto dott. Daniele Battegazzore. Da un lato la fattibilità tecnica, dall’altro resta da valutare la sostenibilità economica, tuttavia un passo avanti è già stato compiuto. L’altro progetto, a livello industriale, avviato anche questo ad inizio giugno dall’azienda Dentis Recycling di Sant’Albano Stura, da circa 30 anni impegnata nel recupero di plastiche e con una capacità annua di trattamento di 40mila tonnellate di materiale. Si tratta di un nuovo investimento da 35 milioni di euro – possibile grazie ad un finanziamento ottenuto da Intesa Sanpaolo, Unicredit e Deutsche Bank e garantito dall’Agenzia nazionale SACE– che servirà per avviare una nuova linea, a fianco di quella già esistente, per il recupero delle bottiglie di PET, finalizzata però al riutilizzo della plastica per realizzare nuove bottiglie. Un’idea “semplice” per un grande problema la prima e una soluzione tecnologica avanzata ed importante la seconda. Entrambe maturate in Granda!

Sergio Tolosano

Speranza

covid19 Non, non è del ministro della Salute che vogliamo parlare, sebbene abbia avuto un ruolo di primo piano in questi difficili ultimi quindici mesi, ma proprio di quei segnali che ci inducono ad intravvedere un quasi ritorno alla normalità nella nostra vita quotidiana.


È indubbio che sul fronte sanitario – nonostante l’enorme tributo di vite pagato alle tre ondate della pandemia, anche nelle nostre zone – si stia vivendo una fase di netto miglioramento; ciò nonostante, per evitare gli errori dell’estate scorsa, è ancora d’obbligo la parola prudenza, quella tanto richiamata proprio dal ministro. La crisi economica innescata dalla pandemia, lungi dall’essere risolta né tantomeno recuperata dai cosiddetti ristori, ha tuttavia allentato la morsa e buona parte delle attività produttive si stanno riprendendo in modo abbastanza soddisfacente, per quanto ancora all’insegna di una certa precarietà sul futuro. Cerchiamo insomma di guardare al bicchiere mezzo pieno.

Segnali di un lento miglioramento cominciamo ad individuarli anche nella vita sociale. Le progressive riaperture delle attività di ristorazione e dei bar, seppure ancora soltanto all’aperto, nel mese di maggio e da ultimo la ripresa anche degli accessi a palestre e cinema/teatro possono preludere al recupero di quella vita di comunità duramente messo in crisi in questi mesi. Superata la fase critica sanitaria, vogliamo davvero sperarlo, dell’epidemia con numeri confortanti quanto a calo dei contagi, dei ricoveri e dei decessi, si volge ora l’attenzione anche a quell’aspetto di grave disagio psicologico provocato proprio dal Covid19.

Sono sempre più gli studi che ci informano di un numero eccessivo di ricoveri per problemi psichici ed in particolare tra le fasce più giovani d’età. Fin dallo scorso gennaio, ad esempio, in occasione del congresso della Società italiana di NeuroPsciFarmacologia è stato lanciato un forte allarme: “Nei prossimi mesi ci attendiamo almeno 800mila nuovi casi di depressione tra chi è stato contagiato, ma non solo …” affermavano gli psichiatri a convegno. E una crescente preoccupazione è stata evidenziata anche dall’aumento di ricoveri, fortunatamente in media di breve periodo, pure negli ospedali cuneesi per problemi di questa natura.

Un lento ritorno alla vita di sempre vogliamo coglierlo anche nella riapertura del Centro sportivo Val Maira e delle palestre in genere, nonché della prossima ripresa dell’attività teatrale e di proiezione cinematografica all’Iris di Dronero. Due segnali che ci proiettano verso una stagione estiva nella quale si auspica un ritorno del turismo in Valle, con tutte le cautele del caso. Insomma una boccata d’ossigeno importante per una zona che del turismo ha fatto una delle sue direttrici di sviluppo.

Fanno ben sperare in questa direzione, da un lato la proposta del presidente Cirio di creare con le vaccinazioni una zona montana covid free (oltre 700 m o oltre 25 km dal primo ospedale) nonché investimenti infrastrutturali anche in Valle per le telecomunicazioni e la banda larga.

S.T.

Recovery plan

covid19 Termini inglesi per definire il piano di ripresa in cui il presidente del Consiglio – nelle comunicazioni alla Camera del 26 aprile – individua “il destino dell’Italia”.


Grande il balletto delle cifre in questi mesi, fino all’ultima di 248 miliardi di euro, complessivamente, per il rilancio del Paese. Ha anche aggiunto, Draghi, che “occorre evitare che i fondi vadano solo a monopolisti, il gusto del futuro prevarrà su corruzione, stupidità e interessi costituiti”. Sarebbe proprio questo il vero “cambio di passo” non cedere a corruzione e interessi di parte, ma pensare solo al futuro del Paese. È inevitabile però che qualche timore ci sia – vista l’enorme posta in gioco –perché se da un lato l’Italia ha saputo dare grandi prove di sé, dall’altro è incappata sovente in grandi e piccoli episodi di corruzione.

Svolta epocale, ricostruzione da secondo dopoguerra, una nuova liberazione … sono frasi che sempre più sovente pronunciano politici di tutti gli schieramenti. Paragone azzardato, forse. Alla fine della guerra, l’Italia usciva dal ventennio fascista e, in particolare al nord, da venti mesi di guerra partigiana. La miseria era grande, ma altrettanto grande la volontà di vivere e di ricostruire. Insomma, si cercava di affrontare il futuro con pochi mezzi, ma grande fiducia e volontà di collaborazione. Ora, paradossalmente, sembrano essersi capovolti i fattori. A mio avviso, c’è un grande dispiegamento di mezzi, e le cifre tirate in ballo sono lì a dimostrarlo, a fronte purtroppo di scarsa fiducia. O forse disincanto. E tra le cause mi pare non ci sia soltanto la pandemia, che pure ha avuto un ruolo assai rilevante, ma anche la crisi economica preesistente che, dal 2009 in poi ha messo in difficoltà parecchie famiglie. In Italia erano 4,6 milioni gli individui che l’ISTAT classificava con grado di povertà assoluta nel 2019 (prima del Covid) e sono saliti a 5,6 milioni (9,4% della popolazione) nel 2020.

Ecco quindi che il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) assume un’importanza fondamentale. Un’occasione di sviluppo, che richiede però una serietà cui il nostro Paese non è del tutto avvezzo. Questi fondi, in larga parte, non sono a costo zero, ma costituiscono debito che dovrà essere pagato negli anni a venire. La sfida, ardua, è fare in modo che il rilancio sia vero e duraturo e che diventi un vero volano di sviluppo. Una responsabilità della Politica, un impegno per tutti. Solo così ne usciremo.

ST

Sicurezza sempre

covid19 La vita della nostra comunità è stata funestata da un terribile incidente, un sedicenne ha perso la vita e altri due giovanissimi si trovano in grave stato di salute. Famiglie distrutte, e non solo quella delle vittime.


Alla base di questa tragedia comportamenti sbagliati, ma senz’altro non occasionali. Proprio da questo ultimo passaggio partono le nostre considerazioni. Queste tragedie non accadono per caso, per fatalità, perchè sono la semplice conseguenza statistica di comportamenti tollerati da un certa propensione all’indulgenza, nella certezza che questo dimenticare tornerà comodo quando saremo noi stessi a peccare.

Esistono forze di polizia che dovrebbero prevenire comportamenti potenzialmente rischiosi, basterebbe stazionare davanti a qualche locale il sabato sera, e non solo, per rilevare stili di guida che un giorno magari genereranno tragedie. Esistono sistemi di telerilevamento e di controllo che, o non ci sono proprio, leggi telecamere, o se ci sono, leggi autovelox, vengono lasciati spenti come inutili totem.

Nell’aula consigliare la parola sicurezza stradale e più in generale, controllo e sicurezza del territorio, sembrano non avere ospitalità. Forse perchè l’argomento non è considerato politicamente corretto ? Dronero continua ad essere intasata di TIR, costretti spesso a manovre impossibili per evitare di portarsi dietro qualche balcone che prima poi cadrà sulla testa di qualcuno. Il covid ci ha temporaneamente liberato dalle sgommate dei bolidi del rally, sponsorizzati anche dal Comune, che ogni anno, da tanti anni, scorrazzano senza limiti sulle strade comunali, ottimo esempio per futuri emuli del sabato sera, ma ritorneranno. Tutto questo nella più totale indifferenza della politica, pronta poi a versare copiose lacrime al prossimo evento funesto, quando, puntualmente, dal nulla, si materializzeranno i controlli, gli autovelox, le multe, che nel nulla puntualmente torneranno, dopo qualche settimana, per lasciar posto al solito laissez faire. A chi conclude questa lettura pensando “ma non ci sono i soldi”, suggeriamo, come esercizio, di ripetere il pensiero, ad alta voce, alle famiglie travolte dalla tragedia.

Massimo Monetti

Lockdown un anno dopo

covid19 È passato ormai un anno da quando, il 21 febbraio 2020, sono comparse le prime zone rosse Covid in Italia e l’intero Paese ha dovuto familiarizzare, suo malgrado, pochi giorni più tardi, con la parola “lockdown”.


Un periodo tremendo, oltre 45 giorni di blocco pressoché totale che hanno messo in crisi molte delle certezze acquisite, mostrando i punti deboli del Paese, soprattutto sul fronte sanitario, mandando in crisi, in particolare, il modello “sanità” della Regione Lombardia, considerato esempio di efficienza. Ora, a distanza di un anno – con 111 milioni di contagi e circa 2,5 milioni di decessi nel mondo e oltre 2,8 milioni di contagi e più di 95mila morti in Italia – se qualcosa questo triste periodo ci ha insegnato è che la Salute non deve essere intesa solo come un capitolo di spesa da ridurre, ma semmai un investimento da potenziare.

Oltre ai comportamenti virtuosi cui siamo chiamati ad attenerci sotto il profilo della prevenzione del contagio, molte sono le aspettative per i vaccini, prodotti in tempi insolitamente rapidi con un coinvolgimento a livello mondiale, che dovrebbero riportarci ad una situazione più normale nel medio periodo. Quello che si chiede, in particolare al nuovo Governo, è dunque un piano vaccinale serio e le prime risposte – con l’accantonamento delle accoglienti ma costose “Primule” (400mila euro cadauna) a favore di strutture già esistenti ed utilizzabili su tutto il territorio nazionale – sembrano andare in questa direzione. Purtroppo gli inevitabili rallentamenti dovuti ai recenti (e forse anche un po’ ambigui) tagli sulle forniture da parte delle case farmaceutiche rischiano di pregiudicare in parte il lavoro organizzativo sin qui realizzato che già ha consentito di trovare sedi idonee e personale dedicato.

Ciò nondimeno, se si riuscirà a raggiungere la cosiddetta “Immunità di gregge” in tempi ragionevoli, sarà comunque necessario investire risorse consistenti nel potenziamento della Sanità, soprattutto sul territorio, costituendo quei presidi che permetteranno, anche in futuro, di alleggerire il più possibile la pressione sugli ospedali. Un piano impegnativo, certo, ma indispensabile alla luce di ciò che successo in questo anno di emergenza.

Un piano che possa consentire di superare anche il conflitto che, innegabilmente, si è venuto a creare tra l’economia da un lato e la tutela della salute dall’altro, gettando le basi per poter salvaguardare, in futuro, l’una e l’altra. Volgendo lo sguardo alla Valle Maira è forte la preoccupazione sul fronte del turismo, il settore probabilmente che ha subito più danni, come segnalano operatori ed amministratori.

Sergio Tolosano