Per una nuova alleanza tra montagna e città

iris Lo scorso 29 febbraio, la Montagna è stata al centro dell’incontro “Promuovere lo sviluppo locale in condizioni avverse”, organizzato da un gruppo di studiosi universitari ed esperti di aree rurali,presso il Collegio Carlo Alberto di Moncalieri. L’iniziativa ha riunito attorno al tavolo operatori, imprenditori, accademici erappresentanti di forze politiche, piemontesi e nazionali, che si sono confrontatisulle possibili azioni per rispondere al fenomeno della marginalità delle terre alte e sulle strategie da mettere in campo per integrare i territori montani in un disegno armonico con lo sviluppo urbano.

L’incontro si inserisce all’interno di una ben definita finestra di opportunità rappresentata dalla decisione dell’Europa di elaborare un piano strategico per la costituenda “Macroregione Alpina”, un’occasione, che potrebbe essere l’ultima, per ripensare i modelli di sviluppo delle Alte Terre europee. L’area alpina identificata dalla strategia europea è il più ampio hub europeo a livello economico e produttivo, con un enorme potenziale di sviluppo: 46 regioni che attraversano 7 Stati (Italia, Germania, Francia, Slovenia, Austria, Svizzera e Lichtenstein); 76 milioni di persone che vivono nello territorio più ricco dell’Ue. Le città ne sono parte integrante. Le energie rinnovabili, il settore primario, le piccole e medie imprese, i servizi essenziali, costituiscono alcuni dei temi che la nuova strategia dovrà affrontare.

Per raccogliere pienamente la sfida i territori montani si devono attrezzare. Una delle proposte emerse nell’incontro “Promuovere lo sviluppo locale in condizioni avverse” è la creazione di un centro di ricerca alpino con sede a Mondovì e collegato in rete con altre realtà regionali ed extraregionali, in grado di produrre forme di innovazione non tanto trasferibili nelle Terre Alte secondo logiche top-down e urbano-centriche desuete – come ha sottolineato l’On. Enrico Borghi – bensì frutto della ricerca-azione realizzata al suo interno.
Lungo l’arco alpino italiano sono già operativi da tempo almeno due importanti centri di ricerca che operano secondo questa impostazione: ad Est, l’Euraccon sede a Bolzano; al Centro, Unimont a Edolo (Valcamonica). Pur nella differenza di origini, di approcci e statuti, entrambi gli enti infatti mirano a valorizzare pienamente la loro natura alpina,mettendola in gioco rispetto alla nuova strategia europea, e puntano su di essa come carattere fondante tanto dell’identità istituzionale che della comunicazione pubblica. È evidente come manchi oggi ad Ovest dell’arco alpino italiano un istituto che, con proprie peculiarità e approcci, possa costituire un polo di innovazione montana per raccogliere quelle spinte e tendenze che si stanno manifestando con evidente intensità. Un centro di ricerca, didattica, formazione e consulenza da e per il territorio alpino, laddove quest’ultimo sia considerato il frutto proprio dell’intreccio tra la dimensione locale e il nuovo orizzonte europeo rappresentato dalla strategie europea
I Rettori dell’Università e del Politecnico di Torino, il Prof. Ajani, e il Prof. Gilli, hanno condiviso la progettualità emergente e dato il loro sostegno a un accordo in fieri che potrà concretizzarsiin un documento programmatico con la Regione Piemonte, rappresentata dal Consigliere Antonio Ferrentino, e gli altri attori locali coinvolti. Il Comune di Mondovì ha garantito la disponibilità della sede del Politecnico di Via Cottolengo, pienamente funzionante, all’interno della quale potrà nascere il centro per l’innovazione montana. Il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Enrico Costa, presente nel pomeriggio, ha ribadito l’importanza del progetto, anche per ripensare i servizi essenziali superando una mera logica basata sulla densità demografica, molto penalizzanteper le aree montane.

Nelle Alte Terre la popolazione continua a diminuire, le imprese non si insediano, gli spazi coltivati arretrano di fronte all’avanzare della boscaglia, le infrastrutture materiali e immateriali rimangono drammaticamente insufficienti. E la montagna, vista dalla città, oscilla tra la visione della natura selvaggia e incontaminata e quella del loisir domenicale, fatto da un turismo mordi e fuggi. Le politiche nazionali e regionali, poi, sono in gran parte concentrate sulle grande agglomerazioni urbane e gli enti locali intermedi sono stati smantellati dalla riforma del Titolo V. I piccoli Comuni – vera ossatura istituzionale della montagna – sono sempre più piccoli e senza risorse, Lo spazio alpino, però, è prima di tutto un luogo antropico: costruito nella Storia dall’uomo e per l’uomo. Non è natura da conservare “intatta”, né luogo di svago. È una risorsa preziosa, da integrare in un disegno armonico con lo sviluppo urbano. E il suo destino non è segnato dall’orografia o dell’altimetria, ma dalle politiche pubbliche e dall’azione collettiva dei territori e per i territori. Il Piemonte ha già perso molti treni per lo sviluppo locale delle Alte Terre, se perderà anche questo potrebbero non essercene altri.

Filippo Barbera
(Dipartimento di Culture, Politica e Società – Università di Torino e Collegio Carlo Alberto di Moncalieri)

Acqua, avanti a tappe

acqua La cronaca del percorso che l’ATO4 Cuneese sta percorrendo verso la decisione del tipo di gestione del Sistema Idrico registra un’altra importante tappa con la Conferenza svoltasi il 16 novembre in Provincia. Dopo la controversa Assemblea dei Sindaci del 2 luglio con la vittoria del compromesso Borgna (“gestione pubblica partecipata”) che aveva salvato gli equilibri politici anche per la provincia, i lavori del Tavolo tecnico dell’Esecutivo ATO in Regione avevano prodotto il Documento Programmatorio del 24 settembre (“società interamente pubblica di tipo consortile”), ampiamente commentato nel nostro n. 9 anche forse con troppo ottimismo. L’appuntamento per la Conferenza che di fatto doveva ratificare questa decisione e stabilire il percorso per la costituzione della società di gestione fissato per il 20 ottobre è slittato al 16 novembre, quasi a segnalare che c’era ancora bisogno di tempo per consolidare l’accordo.

Ed eccoci al pomeriggio di lunedì 16, quando i 20 membri della Conferenza (rappresentanti di provincia, dei comuni principali “le 7 sorelle” e delle unioni montane e di langa) si sono trovati a confronto su una nuova delibera posta in discussione dalla Presidente Bruna Sibille, presenti tra il pubblico in sala una trentina di cittadini dei Comitati Acqua Bene Comune. La delibera in 9 pagine contiene tutto il lavoro svolto dopo il 2 luglio e converge su una conclusione i cui punti principali prevedono: 1-ricognizione dell’esistente, piano economico finanziario, modalità di trasferimento beni e personale, rimodulazione delle tariffe, implicazioni per i comuni delle varie aree; 2-rielaborazione del nuovo Piano d’Ambito a 30 anni; 3- la definitiva individuazione del Modello gestionale, deliberato dall’ATO dopo consultazione con l’Assemblea Generale, che preferirà “in via prioritaria sotto il profilo politico, a parità di condizioni derivanti dall’analisi, la costituzione di una nuova società provinciale In House”; 4- cronoprogramma degli adempimenti entro il 31 dicembre; 5- subentro del nuovo gestore alle scadenze delle gestioni esistenti. La delibera dopo una lunga discussione ha raccolto pareri favorevoli pur con motivazioni differenti da tutti i rappresentanti, tranne il delegato del Monregalese Rossi che si è espresso ed ha votato contro. Fin qui la cronaca ma capire a che punto siamo di questo scivoloso percorso non è facile. Da una parte si conferma la scelta di principio della gestione pubblica, in coerenza col referendum 2011: con la Società “in house” (dall’inglese “in casa”) le aziende pubbliche affidano ad una società a capitale pubblico alcune attività o servizi, in questo caso specifico la gestione del Sistema Idrico Integrato. Dall’altra però si frappongono termini quali “in via prioritaria e a parità di condizioni” e si subordina il tutto ad un percorso di analisi e valutazioni e soprattutto ad un nuovo Piano d’Ambito.

Il fronte del “pubblico” (Cuneo e Valli) sembra piano piano allargarsi, dopo il 2 luglio si sono aggiunti prima Alba e Bra e ultimamente coi distinguo anche altri Sindaci; la smarcatura nella votazione del Monregalese ha motivazioni anche partitiche oltrechè un giudizio legittimo di valutazione negativa perché evidenzia un passo indietro del documento rispetto a quello del 24 settembre, ma per sua affermazione questa posizione è recuperabile se si proseguirà nella direzione giusta. Molta attenzione si è prestata in un momento così delicato alla garanzia della salvaguardia dei posti di lavoro dei dipendenti delle società di gestione attuali che saranno interamente assorbiti dal nuovo gestore. Da annotare anche nell’intervento di Federico Borgna, qui in veste di rappresentante della provincia, l’accenno all’aiuto che potrebbe arrivare dalle Fondazioni Bancarie …
In alcuni interventi e nella sintesi finale si è messo in evidenza come con questa delibera molti hanno dovuto fare un passo indietro rispetto alle proprie posizioni, per fare tutti insieme un grande passo avanti in nome dell’unità e della responsabilità amministrativa nella costruzione su basi solide della nuova società di gestione. E’ ancora difficile a questo punto individuare cosa cambierà per gli acquedotti dei comuni della Valle Maira attualmente in parte a gestione ACDA ed in parte a Comuni Riuniti, già entrambi società interamente pubbliche. Insomma sembra proprio che con le conseguenze del decreto “Sblocca Italia” la strada sia diventata lunga e costellata di curve, quando invece la decisione dei cittadini nel referendum del 2011 è stata quanto mai chiara e lineare.

Mario Piasco

Intervista a Roberto Colombero

colombero Con Roberto Colombero, 39 anni medico veterinario, Presidente dell’Unione Montana Valle Maira abbiamo affrontato alcuni temi di attualità per il nostro territorio e cercato di capire come si collocano gli Amministratori locali in rapporto alle scelte politiche regionali e nazionali

Nella sua qualità di Presidente dell’Unione Montana, rispetto alla precedente Comunità Montana, quali sono le principali e più urgenti problematiche che si trova a gestire ?
Il sottoscritto, la giunta dell’Unione e tutti i sindaci, sopratutto quelli dei comuni più piccoli, siamo impegnati a costruire la struttura dell’unione per poter garantire le funzioni fondamentali dei comuni. Un lavoro davvero complesso e impegnativo viste le tante norme , a volte incongruenti, che ci stanno creando non poche difficoltà per raggiungere l’obiettivo. Ma ce la faremo.

L’Unione così come è nata può essere uno strumento valido per realizzare un’ autentica “politica di Valle” nell’interesse di chi vive il territorio da Dronero ad Acceglio e quale assetto si sta costituendo ?
Deve essere strumento di politica di comunità valliva se vogliamo aver voce in capitolo nelle grandi questioni dei nostri tempi, se vogliamo essere protagonisti nelle dinamiche socioeconomiche, se vogliamo sederci ai tavoli che contano in una posizione paritaria rispetto alle città. Dobbiamo essere strumento per intercettare finanziamenti  europei e solo un ente sovracomunale vallivo può fare questo. Stiamo cercando di strutturare gli uffici per essere davvero operativi il prima possibile.

Come vede in generale la situazione della nostra Valle, luci ed ombre e soprattutto quali prospettive future ?
In sintesi: grandi difficoltà e grandi opportunità. Le difficoltà sono quelle dei numeri esigui, dei servizi ridotti, di paesi che vivono a periodi…ma sopratutto l’ombra più scura che vedo è l’atteggiamento di rassegnazione di qualcuno, le battaglie di retroguardia di chi preferisce le vie brevi e le risposte “di pancia” al confronto serio di un mondo che cambia e che si proietta nel futuro.
Le luci sono il territorio fantastico in cui viviamo, i tanti giovani che lavorano e quelli che sono interessati a venirci a lavorare. Luce è la convinzione di tanti di appartenere ad un mondo, quello della valle Maira , che è autentico, che è unico e che, declinato nei valori di un futuro prossimo basato su agricoltura  sostenibile, turismo di qualità e  valorizzazione delle energie rinnovabili della green Economy, si trova improvvisamente al centro e non più alla periferia dell’impero. Quindi, prospettive formidabili che superano di gran lunga le difficoltà.

Ad inizio estate Lei ha convocato una serie di incontri a Espaci Occitan per discutere proposte per il Progetto Nazionale Strategia Aree Interne valli Maira e Grana e poi non se n’è saputo più nulla, ci può dire a che punto siamo e cosa dobbiamo aspettarci ?
Si sta lavorando col comitato nazionale e quello regionale alla predisposizione di una strategia. Abbiamo raccolto tutte le proposte nei vari incontri e sopratutto quelle pervenute nei mesi successivi. È un’esperienza di programmazione nuova, per tutti. Ma credo sarà sicuramente un’esperienza avvincente ed una grande opportunità di crescita culturale ed economica per le valli Maira e Grana. Da una parte interverremo per migliorare i servizi con un contributo di 3,75 milioni di € ; dall’altra costruiremo di concerto con Torino e Roma un percorso di sviluppo che attraverso la valorizzazione delle nostre risorse ci possa permettere di mantenere i maggiori servizi nel tempo e far partire settori che sono quiescenti ma che hanno grandi potenziali. Il tutto all’interno di una cornice che veda al centro il nostro territorio e il suo mantenimento secondo criteri di sostenibilità , la nostra cultura , la formazione, l’accessibilità  attraverso le strade fisiche e telematiche.

Lei è Sindaco di Canosio, i Comuni sono l’ultimo presidio di democrazia, il più vicino alla gente, ma sembrano ormai esautorati da decisioni politiche che arrivano da lontano; quale è oggi il ruolo dei sindaci dei piccoli comuni ?
I sindaci hanno tanto più peso nella misura in cui condividono una logica e una politica di valle. I sindaci che pensano che il mondo comincia e finisce al confine del proprio comune non fanno gli interessi dei loro cittadini. Fortunatamente in valle siamo tutti consapevoli di questa visione e c’è grande compattezza . E credo che la compattezza di un territorio e la credibilità dei propri rappresentanti possano fare tanto per incidere anche sulle decisioni politiche che arrivano dai centri del potere.

Alle ultime elezioni regionali nelle valli si è presentata la lista Alpes , quali sono i rapporti con la Regione e quale politica per la montagna sta portando avanti la Giunta Chiamparino ?
I rapporti con la Regione sono quelli che ci devono essere tra istituzioni che si rispettano e che hanno chiaro quale deve essere il ruolo reciproco. La giunta regionale, sulla montagna, ha ereditato una situazione che a definire “drammatica” è dire poco. Non era semplice ricomporre ciò che la giunta precedente ha smontato con leggi folli, e con tanta incompetenza e demagogia. L’ass. Valmaggia sta dimostrando sicuramente attenzione e buon senso, ma non avevo dubbi in merito.

Come Consigliere Provinciale e Vicepresidente dell’Autorità d’Ambito Cuneese 4 alla luce delle recenti decisioni in materia di Sistema Idrico Integrato qual è la sua posizione sulla gestione degli acquedotti e a quale realtà pensa andremo incontro ?
La mia posizione è quella del territorio che rappresento: vogliamo una gestione pubblica del sistema idrico integrato . La realtà cuneese è molto eterogenea: società pubbliche, miste pubblico-private e totalmente private. Le concessioni scadranno nel 2017. La legge prevede che ci sia una società unica per ogni ambito. Il nostro è un ambito di dimensione provinciale, quindi ci dovrà essere una sola società a gestire il servizio idrico. Nel comitato tecnico abbiamo lavorato in questi mesi per fare sintesi di tutte le esperienze e abbiamo delineato la società unica pubblica come obiettivo. Pare, però, che ad una fetta importante di sindaci della provincia questa soluzione non piaccia… L’unica cosa certa è che il fronte del ” pubblico ” dovrà presentarsi il più compatto possibile. Poi vedremo.

La valle Maira e Maira s.p.a in che rapporto sono ?
La Maira ha fatto tanto e ha dato tanto. Dopo l’attuale fase di commissariamento della comunità montana (socio di maggioranza pubblico) e quando le quote passeranno all’Unione, dovremo ripartire a costruire progetti e idee, insieme.

Si parla spesso di distanza della politica e degli amministratori pubblici dai cittadini e di delega in bianco col voto, è un problema che riguarda anche le piccole comunità locali?
Non credo….abbiamo comunità talmente piccole nelle quali tutti ( quasi sempre gli stessi) fanno tutto. La distanza non c’è quando vivi le stesse difficoltà di chi amministri.

Le sue cariche istituzionali ed i suoi impegni su più fronti richiedono quella che una volta si chiamava passione politica, come concilia questi aspetti e come si definirebbe oggi ?
Bella domanda: potrei definirla “lucida pazzia”. Bisogna essere pazzi per impegnarsi in questo periodo storico nella gestione della cosa pubblica. Pazzi per il tempo che bisogna mettere, pazzi perché da noi si è lontani sempre da tutto, pazzi per la difficoltà delle sfide. Pazzi perché è un costo. Ma bisogna essere lucidi per capire la portata della missione, lucidi per guardare avanti senza lamentarsi di continuo, lucidi per immaginare dei percorsi innovativi, e lucidi per capire che sarebbe folle non mettere, se uno può, passione e impegno per il territorio che uno ama e nel quale crede. Ma credo che la stessa motivazione valga per tutti i colleghi amministratori in valle.

R.D.

Acqua a gestione pubblica

musica Acqua a gestione pubblica. Scelta quasi inaspettata, ma nel rispetto delle scelte fatte dai cittadini con i referendum del 2011

A pochi giorni dalla scadenza del 30 settembre per la scelta di gestione del sistema idrico integrato l’Autorità d’Ambito Cuneese ha reso ufficiale, con comunicato ai Sindaci, i risultati del tavolo tecnico con la Regione: si va verso la gestione totalmente pubblica attraverso una società consortile. La notizia arriva quasi inaspettata e nei termini previsti dalla legge nazionale.
Dopo la partecipata assemblea dei sindaci del 2 luglio l’Esecutivo ATO, composto dai rappresentanti dei 7 comuni più importanti più 1 rappresentante per le aree montane, ha affrontato le problematiche relative “al passaggio di gestione” confrontandosi con Roberto Ronco della Regione per le questioni tecnico normative ed è giunto alla conclusione che è praticabile la via del “totalmente pubblico”, scelta che sarà definitivamente ratificata in una Conferenza d’Ambito già convocata per il 20 ottobre. Nel documento a firma della Presidente d’Ambito Bruna Sibille si legge “che il Tavolo Tecnico ha sciolto alcuni dubbi che erano d’ostacolo al procedere del percorso intrapreso … e conclude … che in tale ottica nell’Ambito Cuneese, alla luce delle deliberazioni e delle indicazioni assunte dagli organi consortili, non possa che essere assicurata al termine di un congruo percorso di integrazione, la gestione in house attraverso una società unica interamente pubblica … e che tale società debba essere in questa fase configurata come società pubblica consortile”. Si tratta di un percorso evidentemente non breve ma la strada della gestione pubblica è stata aperta.

Due erano le principali riserve a questa opzione: da una parte le difficoltà di ricomposizione della variegata situazione nella nostra provincia con le attuali 12 società tra pubbliche e private più una trentina di comuni con gestione in deroga (in val Maira ACDA, Comuni Riuniti-Cogesi e Comune di Cartignano) e dall’altra parte le questioni tecnico amministrative particolarmente rilevanti per le valutazioni finanziarie di bilancio dei comuni, prima fra tutte il pagamento della quota di subentro per il cambio di gestione.
Superato questo scoglio, “non ci sono impegni finanziari a carico dei Comuni dovuti alla creazione del gestore unico”, è arrivata la decisione che va finalmente nel senso del pieno rispetto delle indicazioni espresse dai cittadini nei due referendum sull’acqua del 2011.

Tutto questo si è saputo proprio mentre il Comitato Acqua Bene Comune Cuneese stava portando la “Campana della Democrazia” a risuonare nelle principali città della provincia, da Cuneo il 19 fino ad Alba il 26 settembre, in una delle innumerevoli iniziative di sensibilizzazione della cittadinanza. Va del resto dato atto che i vari comitati e associazioni a sostegno dell’acqua pubblica, anche dopo l’esito referendario, non hanno mai abbassato la guardia e non hanno mai smesso di informare e di pungolare le istituzioni e questa continua attenzione dal basso ha contribuito a tenere i riflettori accesi sul confronto in corso; insomma in questo caso non si può certo dire che gli amministratori e la politica siano stati lasciati da soli a prendere la decisioni. Del resto sempre in questo periodo si sono registrate numerose ed autorevoli prese di posizione e da tempo alcuni comuni hanno fatto dietrofront a favore della ripubblicizzazione dell’acqua come a Napoli, Cassino, Grenoble, Parigi.

Dal capitolo su “la questione dell’acqua” dell’Enciclica “Laudato sii” di Papa Francesco alla recente pronuncia del Parlamento Europeo che l’8 settembre ha sancito che “l’acqua è un bene vitale e necessario per la dignità umana e non può essere trattato come una merce … i servizi idrici devono essere esclusi da accordi commerciali, come il TTIP (trattato per la liberalizzazione del commercio transatlantico tra Unione Europea e USA), e che la Commissione Europea è tenuta altresì a non promuovere la privatizzazione dei servizi idrici nel contesto delle misure di austerità, escludendo l’acqua, i servizi igienico sanitari e lo smaltimento delle acque reflue dalle regole del mercato interno”.

Il percorso locale a difesa della risorsa acqua è partito da lontano ed i prossimi passaggi intermedi di transizione andranno sicuramente affrontati e seguiti con attenzione nel rispetto delle regole.
Questa decisone dell’ATO Cuneese è un primo grande passo, va ricordato infatti che la scelta secondo il Decreto Sblocca Italia poteva essere tra la gestione pubblica, privata o mista. Una decisione che può contribuire a costruire in futuro una visione globale allargata, e non campanilistica o ancor peggio “di mercato”, sul tema delle risorse comuni ed in qualche modo aiuta anche i cittadini a ritrovare un po’ di fiducia nelle istituzioni.

Mario Piasco

Intervista ad Antonio Garino, Sindaco di Celle Macra

garino Continua la nostra serie di interviste ai Sindaci della Valle, questa è la volta di Celle Macra e di Antonio Garino, Ingegnere, eletto Sindaco a Giugno del 2014.

Come è nata l’idea di candidarsi

Sono stato eletto a Giugno 2014, concluse le pratiche burocratiche siamo entrati nei pieni poteri ad Agosto 2014. Non è la mia prima esperienza da Sindaco, a Celle, con l’avvicinarsi delle ultime elezioni si è costituito un bel gruppo di volenterosi, persone stabilmente legate al territorio, residenti a Celle o nei comuni vicini. Queste persone hanno voluto costruire insieme a me un gruppo soprattutto di giovani appassionati a fornire il loro impegno per il paese e la sua popolazione, apportando ognuno la propria esperienza di vita e di lavoro. L’obiettivo, oltre a quello di amministrare il Comune e le sue risorse, è stato anche quello di formare una nuova generazione di giovani amministratori, perché loro sono la speranza ed il futuro.

Lei è Sindaco da poco tempo, non possiamo quindi chiedere conto di bilanci, quali i progetti.

Il comune, per certi versi, può essere assimilato ad una azienda multiservizi, un’azienda particolare che deve erogare quei servizi che consentano ai cittadini di viverci, nel caso di un comune montano come il nostro, di riuscire a continuare a viverci.
In questi anni i tagli nei trasferimenti hanno colpito anche noi e continueranno ancora per molto tempo, non vogliamo però rifugiarci dietro le solite lamentele, preferiamo rimboccarci le maniche e trovare risorse per proseguire, incominciando con il valorizzare le risorse del nostro comune in modo da creare possibilità di lavoro per chi desidera ancora vivere in montagna.

Una prima possibilità arriva da un migliore utilizzo di due risorse di cui il comune di Celle Macra è ricco, i boschi ed i pascoli. Lo stato di utilizzo e di sfruttamento è decisamente arretrato, le cause diverse, a cominciare dalla mancanza di strade per accedere ai boschi. Il Comune ha una consistente proprietà, di cui neanche la metà è servito da strade o piste di accesso. Vogliamo pensare ad un utilizzo più profittevole delle risorse che sia anche migliorativo della risorsa stessa. Non solo semplici affitti o vendite di lotti di boschi, ma la ricerca di rapporti di lungo periodo con aziende che coltivino i boschi ed i pascoli traendone il giusto profitto, ma che investano anche sulla risorsa e sul futuro della stessa.
Il bosco non deve essere visto come un “museo”, ma come una risorsa che deve essere coltivata con periodici abbattimenti e reimpianti, cosi come si è sempre fatto nei secoli. Il bosco ha un ciclo di vita di 60-80 anni, dopo di che, se non coltivato diventa un problema, nella sua fase terminale, in cui muore, restituisce all’ambiente tutta l’anidride carbonica che accumulato nella sua vita e può diventare un grosso rischio per gli incendi ed il dissesto idrogeologico.
Quindi ecco la necessità di pensare alla foresta come una risorsa da coltivare facendola anche divenire una operazione economica qualificando i suoi prodotti. Sulle attività per la coltivazione del bosco si possono impiantare attività artigianali (risorsa umana pregiatissima in cui personalmente credo molto) .

Una seconda opportunità è invece più collegata al turismo ed alle persone, parlo della Locanda, posto tappa GTA, di proprietà comunale ed attualmente inutilizzata.
Nel corso degli anni si era provveduto alla costruzione di questa Locanda ed al recupero della chiesa di San Rocco adibita poi a sede del Museo per l’antico e famoso mestiere di molti cellesi, quello di “ acciugai”. Il tutto rientrava in una iniziativa portata avanti da Michelangelo Ghio, Sindaco negli anni 1995 – 2000, partita dal comune di Celle, che vedeva coinvolti anche i comuni di Elva, Marmora, Macra e Prazzo. L’idea, ancora estremamente valida oggi ed anticipatrice di quella spinta di aggregazione tra Comuni diventata così attuale, era quella di andare oltre la creazione di un singolo museo di mestieri antichi, ma di ragionare sulla storia di una vocazione territoriale che, se opportunamente promossa e gestita in rete sul territorio, permettesse di attrarre visitatori interessati al territorio nel suo insieme, con conseguenti vantaggi per attività quali l’agricoltura e l’artigianato. Proprio da questa scelta di lavorare in rete nasce la necessità di recuperare i sentieri per i collegamenti con i comuni vicini.

Ci rendiamo conto che la gestione del sistema locanda è complesso, perché intorno ad essa devono essere organizzate tutta una serie di iniziative che attraggano i visitatori verso Celle. Chiederemo al gestore la capacità di contribuire in prima persona alla riuscita di questo sistema, sia nel suo diretto interesse, quanto in quello della per la comunità proprietaria della struttura.
Per esperienza di lavoro nella costruzione di grandi impianti industriali come projet engineer e manager, sono convinto che sovente lo sviluppo delle attività non sono date dalle cose, ma dalle persone che le promuovono e che le gestiscono.

Per rimanere in questo ambito ho notato con piacere che gli amici della Pro Loco, anche essi rinnovati nel Consiglio di Amministrazione nell’estate passata, si sono attivati in modo molto fattivo nonostante l’oggettiva difficoltà ad organizzare eventi da parte di un consiglio insediato quasi a stagione estiva già avviata. Ci sono giovani che credono nella possibilità di rimanere a lavorare a Celle, noi, come amministratori, dobbiamo gestire al meglio le opportunità che il territorio offre per rendere questo possibile aiutandoli anche facilitare la creazione di rapporti con l’esterno e a fare strategia per lavorare e vivere in montagna.
Ci sono persone che hanno una conoscenza approfondita del paese e della sua popolazione, delle sue tradizioni antiche, delle piante del bosco, delle erbe di ogni tipo. Esiste un archivio storico nel Comune che ha bisogno di essere rivalutato.
Serate conviviali promosse intorno a tutti questi argomenti, da persone esperte ed appassionate, possono essere occasioni di incontri per tramandare la cultura della montagna facendo tesoro delle conoscenze delle persone.

Questi in sintesi alcuni progetti che cercheremo di avviare unitamente alla popolazione attiva, purtroppo le difficoltà saranno tante, a cominciare dai tempi della burocrazia che ha percorsi autorizzativi che durano anni, probabilmente non basteranno i cinque anni di mandato, ma vogliamo comunque tracciare la strada ed avviare le iniziative.

Questo è il messaggio di speranza che l’amministrazione vuole dare agli abitanti di Celle ed è il messaggio che ha iniziato ad essere trasmesso soprattutto ai giovani ed ha lasciato speranzosi considerata la loro partecipazione.

Da poco è nata l’Unione Montana, quali le sue prime impressioni

La considero una buona iniziativa e devo dire che l’inizio è stato positivo, diciamo che siamo partiti bene e ci sono i migliori presupposti.
Come amministratori del comune di Celle concepiamo questa nuova Unione come una possibilità di mettere in comune risorse sempre più scarse in particolare i servizi. Chiaramente l’Unione dovrà essere considerata una associazione per favorire la gestione di risorse e non una eliminazione dei comuni. Vorrei ricordare, che i Comuni della Valle Maira esistevano prima dello Stato Italiano, delle Province e delle Regioni, sarebbe una grave responsabilità farli scomparire relegandoli a semplici borgate di un Comune di superficie più vasta e non vedo oggi chi vorrà prendersi questo impegno.
Certo che quando si dovranno distribuire le risorse, purtroppo sempre più scarse, potranno esserci dei problemi, ma sono fiducioso che con il buon senso si riuscirà a trovare una buona convivenza.

In questi mesi è apparso sulla scena un progetto di finanziamento pubblico , denominato “Aree marginali”, che cosa ci può dire.
Ritengo che il progetto sia una opportunità interessante anche se bisogna ricordare che non si rivolge solo al nostro territorio, ritengo però che le valli Maira e Grana si siano presentate bene e ci siano tutti i presupposti per avere delle possibilità di riconoscimento del nostro grave stato di disagio.
Il progetto ha la finalità di finanziare servizi condivisi che possano ridurre i fattori penalizzanti del vivere in aree montane, penalizzanti per le attività produttive e per la qualità della vita, quindi di assistenza indiretta alle famiglie che debbano frequentare una scuola in pianura, oppure seguire un malato in un ospedale ad esempio creando strutture di residenza temporanea. Parliamo di comunicazioni, sia quella tradizionale e quindi di trasporti, sia quella nuova quindi di reti di connessione alla rete informatica. A Celle Macra come in altri comuni questa mancanza di servizio ha impedito al medico di mantenere aperto l’ambulatorio in quanto impossibilitato di trasmettere via telematica la documentazione.

A conclusione di questa lunga e piacevole chiaccherata non possono mancare le considerazioni di rito. Colpisce, come già era capitato per l’intervista al Sindaco di Acceglio, l’inaspettata vitalità degli argomenti e dei progetti. Emerge via via ,sempre più evidente, che un certo diffuso luogo comune che descriveva la Valle come un territorio amorfo e senza futuro, non abbia più ragione di esistere. La vitalità, la voglia di fare, i progetti, la concretezza con cui vengono disegnati è un dato di fatto, e se è vero che tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare, è però anche un dato di fatto che queste energie e questo approccio pragmatico esistono. E questo è un dato indubbiamente positivo. Un po’ meno innovativo, invece, è l’approccio verso la nuova Unione Montana, al di là delle belle parole di rito, ogni comune sembra molto arroccato a difesa dello status quo e vede nell’Unione Montana una sorta di riedizione della vecchia Comunità Montana. La realtà però dovrebbe essere un’altra perchè amministrazioni autonome dove le elezioni finiscono 39 a 31 ( totale 70 elettori ) non hanno più senso di esistere nella stessa forma giuridica di quando gli elettori erano 1.000 o più. Si salvino pure i gonfaloni e gli stemmi, ma la macchina amministrativa deve essere unica per diminuirne i costi e soprattutto renderla più efficiente.

Massimo Monetti

San Damiano Macra: l’acqua e i suoi utilizzi

convegno San Damiano Macra:l’acqua e i suoi utilizzi

Il 17/18 ottobre si è tenuto a S.Damiano un interessante convegno organizzato da Regione Piemonte – Direzione OO.PP. Difesa del Suolo Economia Montana e Foreste e Direzione Ambiente, Comunità Montana Valli Grana e Maira, Maira S.p.A., Politecnico di Torino – Dipartimento di Ingegneria dell’ambiente, delle infrastrutture e del territorio, Ordine degli Ingegneri della provincia di Cuneo.
Il Convegno tecnico-scientifico era finalizzato ad illustrare i tre progetti europei E2STORMED, SedAlp e ALIRHYS focalizzati sull’ambito territoriale della Valle Maira con la presentazione degli obiettivi, dei primi risultati e relativi contenuti. Il convegno è stato preceduto da escursione al bacino del Torrente Mollasco e da una successiva visita all’invaso e alla centrale idroelettrica di San Damiano).
Questi in sintesi i progetti in questione, progetti in cui la Valle Maira partecipa inserendosi così a pieno titolo in un circuito di finanziamenti europei finalizzati alla ricerca per un utilizzo ed una gestione migliore delle risorse idriche.

E2STORMED
Il progetto vuole migliorare l’efficienza energetica dell’acqua nel ciclo urbano e nell’uso abitattivo promuovendo soluzioni innovative in merito all’uso delle acque piovane nelle città dell’area Mediterranea.

SedAlp (Sediments management in Alpine basins)
Il progetto si focalizza sulla gestione integrata dei sedimenti da trasporto nei bacini dell’area alpina, è finalizzato ad una effettiva riduzione dei rischi legati ai sedimenti promuovendo la valorizzazione degli ecosistemi fluviali e riducendo gli impatti delle centrali idroelettriche. Vengono previste azioni pilota nei vari bacini idrografici delle Alpi di tutti i paesi coinvolti con l’obiettivo di monitorare il trasferimento di sedimenti e di legno in una vasta serie di bacini alpini.

ALIRHIS (Alpes Latines – Identification Ressources HYdriques Souterraines)
Conoscenza e monitoraggio delle risorse idriche sotterranee ponendo in relazione i parametri di alcune sorgenti significative con i valori delle precipitazioni e della fusione nivale. Strutturazione dei dati per una migliore informazione rivolta all’ottimizzazione della conoscenza e della gestione delle sorgenti.

Di particolare interesse il dibattito, organizzato nella seconda giornata del convegno, a cui ha partecipato una qualificata rappresentanza dell’ENEL, oltre alle istituzioni locali, e aperta al contributo della popolazione. Da questo momento sono emersi alcuni spunti interessanti. Il primo riguarda il futuro della diga di Combamala, bacino ad oggi inutilizzato e di cui la popolazione vorrebbe conoscere il destino. L’ENEL su questo argomento non ha chiarito più di tanto, però ha messo in evidenza che la concessione è in scadenza nel 2029, da cui si deduce che difficilmente si cimenterà in un investimento di riqualificazione, importante dal punto di vista economica, con appena una decina d’anni di sfruttamento certo. Secondo argomento interessante lo ha presentato sempre l’ENEL parlando della propria esperienza di sfruttamento delle risorse idriche in Val Ossola, in particolare della soluzione all’annoso problema del coordinamento dei vari soggetti istituzionali coinvolti, detto in sintesi della necessità di evitare che ogni comune della valle pensi ai propri specifici interessi. Ha presentato l’esperienza del Contratto di Fiume, ovvero di un unico momento contrattuale che coinvolge tutta una valle con l’obiettivo di coordinare gli interventi.

Da ultimo l’intervento di Roberto Colombero, Presidente della neonata Unione Montana, che ha ripreso il discorso del Contratto di Fiume parlando di un Tavolo di Concertazione tra i vari comuni della valle in modo da armonizzare le attività di sfruttamento delle risorse idriche.

R.D.

Addio a Padre Sergio De Piccoli

padre-sergio In centinaia all’addio a padre Sergio De Piccoli

In centinaia all’addio a padre Sergio De Piccoli
Messa officiata anche dal vescovo di Saluzzo. I giovani “salvati” dal monaco benedettino hanno portato la bara
«Forte, determinato, ha dimostrato fermezza nelle posizioni e responsabilità delle scelte. Natura, solitudine, silenzio, preghiera, semplicità e umiltà hanno accompagnato la sua vita, fino al giorno in cui è tornato al Padre. E ci ha lasciato un messaggio importante: è possibile vivere anche con l’essenziale, non di cose superflue».
L’abate di Pontida, don Giordano Rota, ha ricordato così la figura di padre Sergio De Piccoli, monaco benedettino di Marmora, morto sabato di tumore all’ospedale di Cuneo. Aveva 83 anni. Centinaia di persone gli hanno reso omaggio, stamane (lunedì 8 settembre), ai funerali celebrati nella parrocchiale di San Massimo in borgata Chiesa di Marmora, dove padre Sergio arrivò nel 1978, per applicare la regola dell’ora et labora (prega e lavora). Trasformò il luogo di culto nel monastero benedettino più alto d’Europa (1.548 metri) e nella canonica, realizzò una straordinaria biblioteca che negli anni è arrivata a ospitare 62.000 libri, tutti catalogati e perfettamente sistemati, messi a disposizione del Comune.
La messa è stata officiata dal vescovo di Saluzzo, monsignor Giuseppe Guerrini, da altri monaci benedettini e dai sacerdoti della Valle Maira tra cui don Beppe Dalmasso, parroco di San Damiano, che ha letto uno scritto di padre Sergio pubblicato sul bollettino parrocchiale per la Pasqua del 1986. In quelle righe, il monaco rifletteva sulla propria scelta, ricordando le difficoltà incontrate soprattutto nel dare ospitalità a giovani sbandati, drogati, alcolizzati e ribelli.
«Mi hanno tradito, ingannato, derubato, insultato, colpito, sfruttato, tribolato in ogni modo – scriveva -, eppure non sono capace di chiudere loro la porta, quando arrivano o quando tornano. Continuo ad accoglierli col sorriso sulle labbra». E aggiungeva. «Ma se sbaglio, Signore, la colpa è tua e del tuo Vangelo. Sei stato tu ad insegnarmi che del medico hanno bisogno i malati e non i sani. Hai fatto anche di peggio: mi hai dato il cattivo esempio, perchè anche tu ti mettevi a tavola con i peccatori e hai perdonato chi ti inchiodava sulla croce. Se seguirti e imitarti è una colpa, ebbene allora sono pienamente colpevole».
E concludeva così: «Inizio a sentirmi vecchio e stanco. Si avvicina il giorno della mia morte, Signore, e vorrei farti questa preghiera: fa’ che a portare la mia bara siano quattro di questi giovani che ho aiutato ad uscire dalla notte del vizio e della disperazione. Sarà per me segno di salvezza, se in tutta la mia esistenza sarò riuscito a portarne quattro fino alla risurrezione».
Quei giovani oggi c’erano a portare la bara dalla chiesa al cimitero di San Massimo. E non erano quattro, ma molti di più.

Unione dei Comuni

Unione Montana ValleMaira Una legge del governo Monti, la n. 148/2011 e successive evoluzioni, ha imposto ai Comuni minori di trovare forme di accorpamento con conseguente condivisone dei servizi. Nel caso delle aree montane i Comuni con meno di 3.000 abitanti hanno l’obbligo di accorparsi creando una Unione di Comuni, la nascita di queste Unioni ha in pratica evitato la cancellazione delle Comunità Montane costringendole però a cambiare pelle.

Le Comunità Montane vennero istituite nel 1971, dovevano servire per condividere servizi tra piccole comunità che vivano nelle Alte Terre, ma come spesso accade in Italia, i buoni propositi si persero per strada e nelle Comunità Montane ci finirono anche comuni in riva al mare. Venne assunto del personale e di soppiatto, venne creato un ulteriore livello burocratico che si andava ad aggiungere a Comuni, Provincie e Regione. Servizi in comune voleva dire creare un unico ufficio tecnico, un’unica amministrazione, gestire un unico piano regolatore così come gestire insieme finanziamenti ed i relativi appalti. Poco venne fatto, i piccoli interessi di bottega e le ataviche divisioni tra comuni fecero sì che lo spirito con cui erano nate le Comunità Montane rimanesse sostanzialmente lettera morta.Tutto sarebbe rimasto così, ma “lex dura lex”, per cui l’Unione dei Comuni si è dovuta fare.

A San Damiano Macra, Martedì 16 Settembre ha avuto luogo la riunione costitutiva dell’Unione Montana dei Comuni della Valle Maira, presenti tutti i Sindaci della Valle, riunione durata meno di un’ora, in cui si è insediato il Consiglio e si è provveduto a nominare Presidente e Giunta. Lo statuto vigente, approvato da tutti i comuni aderenti, vale a dire i Comuni della Valle Maira da Dronero ad Acceglio, prevede un Consiglio composto da 16 Consiglieri, 13 appartenenti alla maggioranze di ogni singolo Comune e 3 appartenenti alle minoranze, secondo questa regola, un consigliere per il comune di Dronero, uno per Villar S.C. e Roccabruna alternati, uno per i Comuni da Cartignano ad Acceglio.
Alla carica di Presidente un unico candidato, Roberto Colombero, che è stato eletto con 14 voti , si sono astenuti Marilena Beltramo (Dronero) e Giovanni Caranzano (Valle), Giovanni Biglione rappresentante della minoranza per Villar-Roccabruna ha votato a favore. Roberto Colombero è un nome ricorrente in Valle, ex-Presidente Comunità Montana Valle Maira ed ex-Presidente Comunità Montana Valli Grana e Maira. Durante il suo breve discorso introduttivo ha sinteticamente esposto le linee programmatiche del suo mandato, gestione associata dei servizi, con particolare attenzione alla scuola ed alla residenzialità. Ha sottolineato come la valle sia riuscita ad essere rappresentata nella sua interezza in un Unione Montana che va da Dronero ad Acceglio (Busca ha deciso di non aderire). Non è mancato, poi, un particolare ringraziamento alla gente di montagna che ancora resiste e che , con la loro presenza, permettono la sopravvivenza delle nostra comunità.
Questo l’elenco dei componenti la Giunta : Manuela Garino (vicesindaco di San Damiano Macra e vice presidente dell’Unione), Sandro Agnese (assessore del comune di Dronero), Enrico Colombo (sindaco di Acceglio) e Aldo Pellegrino (assessore di Prazzo).
Questo l’elenco dei componenti il Consiglio : Claudio Bernardi (Villar San Costanzo), Roberto Isoardi (Dronero), Claudio Garnero (Roccabruna), Diego Einaudi (Cartignano), Valerio Carsetti (Macra), Paolo Rovera (Stroppo), Antonio Garino (Celle Macra), Emanuele Ponzo (Marmora), Laura Lacopo (Elva), Marilena Beltramo (Dronero), Giovanni Biglione (Villar San Costanzo) e Giovanni Caranzano (Acceglio).

Abbiamo voluto sentire due Consiglieri, Enrico Colombo per la maggioranza e Giovanni Caranzano per la minoranza e ad entrambi abbiamo posto questa domanda : visto che in Consiglio ci sono tanti amministratori di lungo corso pensate che questa volta sarà finalmente possibile unire le forze ed armonizzare le risorse, cioè realizzare quanto non è stato fatto in vent’anni ? Risponde Enrico Colombo, Sindaco di Acceglio e membro della Giunta “Speriamo nelle buone intenzioni di tutti, maggioranza ed opposizione, visti gli obblighi che la legge ci impone è più che auspicabile che i servizi amministrativi, di protezione civile, urbanistici ed i trasporti siano delegati all’Unione Montana”, a seguire Giovanni Caranzano “Una parte del Consiglio ha manifestato la consapevolezza che questo passaggio è necessario, altri non ci hanno ancora fatto capire di aver capito !“

Il primo passo è stato fatto, speriamo che finalmente si uniscano le forze e le voci ottimizzando l’impiego di risorse, sempre più difficili da reperire, per lo sviluppo della Valle e non per generare altra costosa burocrazia. La legge impone ai Comuni di indicare entro il mese di Dicembre di quest’anno quali servizi associare, operazione da cui dovrebbe conseguire un risparmio di risorse per la comunità, sarà la volta buona ?

M.M.

Intervista ad Enrico Colombo,sindaco di Acceglio

coppelle Intervista ad Enrico Colombo Sindaco di Acceglio. Continua la nostra serie di interviste con i Sindaci del territorio, risaliamo la Valle e questo mese incontriamo Enrico Colombo, Sindaco di Acceglio.

Intervista ad Enrico Colombo Sindaco di Acceglio .

Continua la nostra serie di interviste con i Sindaci del territorio, risaliamo la Valle e questo mese incontriamo Enrico Colombo, Sindaco di Acceglio.

Colombo parla volentieri e senza neanche aspettare la prima domanda incomincia a raccontare la sua vita da primo cittadino “ Passo da 3 a 5 ore al giorno a dedicarmi alla cosa pubblica, sabato e domenica compresi, anzi soprattutto il sabato e la domenica perchè molti accegliesi sono presenti nel comune solo nel fine settimana e quindi il sindaco è molto richiesto proprio in quei giorni. Tutto questo per 700-800 euro al mese, ma lo faccio volentieri, fino alle ultime elezioni ero Consigliere di maggioranza, alle elezioni del 2013 ho deciso di fare il salto e di concorrere alla carica più alta. Sono stato eletto al ballottaggio, perchè ad Acceglio, caso più unico che raro, le due liste che hanno raccolto più consenti sono arrivate pari, hanno cioè raccolto entrambe lo stesso numero di voti, quindi si è dovuto ricorrere al ballottaggio.”

Dopo un anno di mandato vuole fare un primo bilancio ?
“Sono stato letto nel maggio 2013, dopo un anno sono assolutamente soddisfatto dell’esperienza, grazie anche alla buon grado di collaborazione che siamo riusciti a raggiungere con la minoranza, non è stato così da subito, ma, grazie ad un maggior coinvolgimento nelle decisioni, sono via via venute meno le diffidenze iniziali ed abbiamo così iniziato un percorso i collaborazione. In fondo abbiamo un obiettivo in comune, servire al meglio la nostra comunità.”

Quali sono i progetti in corso?
“ E’ passato solo un anno ma diverse le cose messe in cantiere, alcune di queste sono una continuazione di iniziative già impostate nella precedente tornata amministrativa.
Foresteria a Cuneo per studenti della valle, il progetto vuole creare a Cuneo una struttura ricettiva che permetta agli studenti del comune, che frequentano la medie superiori, di avere posti letto decorosi a prezzi economicamente vantaggiosi. L’iniziativa coinvolge anche la Fondazione CRC e parte dal comune di Acceglio con l’obiettivo di coinvolgere, poi, tutti i comuni della la valle.
Case in affitto a prezzi congrui. Il comune ha un importante patrimonio abitativo, il progetto è quello di mettere queste case a disposizione del mercato immobiliare in modo da rendere attrattivo spostare la propria residenza ad Acceglio. Faccio un esempio concreto, immaginiamo un operaio residente nel fondo valle con uno stipendio mensile i 1.000-.1200 euro che debba pagare un affitto di 300-350 euro al mese più le spese. Se ad Acceglio può affittare a 70-80 euro al mese e riesce a condividere con altri le spese di viaggio per raggiungere il fondo valle, forse può incominciare a considerare economicamente conveniente prendere casa nel comune che amministro.
Distributore di carburanti. Siamo a buon punto per acquistare, come Comune, il distributore oggi chiuso e gestirlo come servizio pubblico con prezzi assolutamente concorrenziali.

“In valle abbiamo la grande necessità di rivitalizzare il tessuto sociale, detto più semplicemente mancano le persone ovvero ci sono le opportunità economiche ed il lavoro, ma le maestranze non risiedono in loco e si spostano in base alle necessità. Il risultato è che nei periodi d bassa stagione turistica la Valle è spoglia, non sai neanche dove andare a prendere un caffè. L’economia non può limitarsi al solo comparto turistico-ricettivo, peraltro molto importante e fondamentale per i numeri, c’e’ bisogno di ricreare una rete di piccole attività artigianali, dal fabbro, all’idraulico, all’elettricista per ricreare con essi un tessuto sociale che si è disgregato negli anni.
In questo disegno la possibilità di avere energia elettrica con lo sconto del 50% grazie alla convenzione con Maira Spa, può rappresentare un ottimo incentivo.”

In un periodo di ristrettezze, in cui i trasferimenti dello Stato tendono a diminuire sempre di più come pensate di reperire i fondi necessari per queste iniziative.
“Il Comune di Acceglio ha creato una Fondazione, è un progetto partito nel 2012 che si sta finalmente concludendo. L’idea base è stata quella di impiegare i fondi derivati dalla concessione per la realizzazione della centrale sul torrente Maurin, in totale circa 230.000 euro, evitando che si polverizzassero in asfaltature, illuminazioni e festeggiamenti vari. La cifra va a creare il capitale e si investono i proventi della rendita del capitale stesso, in questo modo si continuano a godere i benefici di questa opportunità negli anni.
In fondo ci siamo ispirati a quanto fatto agli inizi del ‘900 con la Fondazione Davide Calandra, cittadino accegliese che lasciò un importante patrimonio al Comune, patrimonio che servì per finanziare, con un meccanismo analogo, le borse di studio per i giovani accegliesi meritevoli. Negli anni ’30 l’allora Podestà, vuoi per intuizione, vuoi per destino, decise di utilizzare tutto il capitale per la costruzione di due edifici scolastici che ancora oggi costituiscono un importante patrimonio per il Comune. Grazie a questa operazione venne evitato che il capitale si azzerasse con la svalutazione del dopoguerra. Corsi e ricorsi storici.
A proposito del lascito Calandra voglio ricordare un aneddoto. In quel di Acceglio si trova un cippo privo del busto che naturalmente dovrebbe trovarsi sulla sommità, la vulgata dice che si tratterebbe del busto in onore del pittore Matteo Olivero, monumento progettato, ma mai concluso. In realtà il busto che manca è proprio quello del benefattore Davide Calandra, il motivo per cui non è mai stato sistemato al suo posto va cercato in una postilla del suo testamento in cui vincolava il proprio lascito all’assenza, negli organi di amministrazione del patrimonio, di un qualsiasi rappresentante del clero. Evidentemente questa vena anticlericale non piacque al Parroco che usò tutta la sua influenza perchè il monumento non venisse mai concluso, da qui il cippo rimasto senza busto”

Arriviamo alla fine di questa piacevole chiaccherata, come possiamo concludere ?
“In valle si respira un bella aria, i Sindaci sono motivati, hanno voglia di fare, sono finiti gli anni cupi in cui aleggiava una diffusa rassegnazione. Oggi la gente che si occupa della cosa pubblica, e non solo, ci crede. Crede cioè alla possibilità di un recupero sociale della Valle. C’è un bellissimo senso di comunita’, il compito dei Sindaci è quello di sostenere tutto questo difendendo, in tutti i modi possibili, il livello dei servizi a cominciare dal trasporto, entrato in crisi nel 2013, ma in via di soluzione grazie ad un nuovo approccio nella gestione del servizio, fatto in economia e non più delegato ad un fornitore unico, la Benese.
L’Unione dei Comuni puo’ essere una occasione importante, purche’ si sappiano migliorare i servizi unendo le forze e pensando ad un modo nuovo di lavorare che sfrutti la dematerializzazione dei documenti per consentire di superare le distanze e la dispersione del territorio.”

Sarà vero o no, saranno forse solo parole, però anche in questa intervista è palpabile la fiducia, l’ottimismo, la voglia di fare, una progettualità per certi versi inattesa. L’idea della Fondazione come strumento finanziario della comunità è estremamente interessante e offre una risposta ai tagli dei trasferimenti statali. In fondo è un sano ritorno alle origini, laddove le comunità locali invece di piangere e batter cassa, si danno da fare, sfruttano al meglio le risorse locali, in questo caso l’acqua, e trovano così le risorse necessarie per finanziarsi. Forse Dronero, su questo argomento dovrebbe fare una attenta riflessione.
Quasi di altri tempi la dichiarazione di disponibilità del primo cittadino che lavora soprattutto il Sabato e la Domenica per venire incontro alle esigenze dei cittadini, chissà perchè, ma vengono subito in mente gli orari di tanti uffici comunali che aprono al pubblico solo dalle 10 alle 12 e, a partire dalle 13 del Venerdì, “tutti a casa”.

Massimo Monetti

Il sistema idrografico Maurin-Maira-Po è il più lungo d’Italia!

artesio Non lontano da Torino si trovano Lombriasco e Casalgrasso: alla loro periferia, tra cascine contadine e campi accuratamente coltivati, scorre l’ultimo tratto del torrente Maira proveniente dalle Alpi Cozie, che qui confluisce nel Po, il fiume che con i 652 km di lunghezza è il più lungo d’Italia. Nelle belle giornate in lontananza si vede il Monviso, la vetta che con i suoi 3841 m è la più alta delle Alpi Cozie. Ma la novità, che voglio qui raccontare agli amici della Val Maira, riguarda la questione delle sorgenti geografiche.

Che il Po nasce oltre i 2000 del Pian del Re lo sanno tutti e che il Maira nasce sopra Acceglio anche. Per entrare subito nell’argomento è meglio conoscere due cifre che riguardano la lunghezza di questi due corsi d’acqua. Prima della confluenza, il Po dalle sue sorgenti percorre 73 km, mentre da misure recenti risulta che il Maira, dalle sue vere sorgenti localizzate sul Colle Maurin, percorre 104 km.

Bastano queste due cifre per confermare che le sorgenti del torrente Maurin, situate a 2633 m sullo spartiacque delle Alpi Francesi, distano 31 km più lontane rispetto a quelle del Pian del Re. Queste mie ricerche geografiche sono anche state confermate da recenti studi idrografici effettuati dal Politecnico di Torino. Nel novembre scorso, in un convegno moderato dall’ex sindaco Giorgio Ferraris a Ormea, ho parlato delle mie esplorazioni geografiche nei grandi spazi della Terra e l’attività di reporter televisivo internazionale.
Al convegno oltre che a storici,personale del Parco del Marguareis e speleologi, erano presenti anche il Presidente della Società Geografica Italiana, prof. Sergio Conti, alcuni ricercatori del Politecnico di Torino coordinati dal docente prof. Bartolomeo Vigna, relazionando su progetti di comunicazione e nuovi studi relativi allo scenario idrografico alpino di alcuni reticoli sorgentiferi di affluenti di sinistra del Po che fanno parte del sistema idrografico Adriatico.

Il prof.Vigna, nella sua relazione corredata di disegni, foto e dati scientifici, si è soffermato in particolare sulla storia geologica del Marguareis, la montagna che dà origine al sistema idrografico del fiume Tanaro. Vigna ha poi raccontato la cronologia degli studi ed esplorazioni effettuati dal Politecnico di Torino, con la collaborazione di speleologi piemontesi e francesi, sulle sorgenti geografiche più lunghe del sistema del fiume Tanaro. Dagli ultimi studi risulta anche che il torrente Tanarello è di poco più corto di quello detto “delle Capre”, torrente che scende dal gruppo del Marguareis.

In passato, la lunghezza del fiume Tanaro fino alla confluenza con il Po presso Bassignana vicino ad Alessandria, veniva misurata senza contare i circa 30 km del reticolo sotterraneo carsico all’interno del quale scorre il Rio delle Capre prima di raggiungere il torrente Negrone nella zona delle cascate delle Fascette presso Ormea. Queste ricerche realizzate con gli speleologi e nuove tecnologie di rilevamento topografico hanno confermato che questa sorgente dista dalla confluenza con il Po a Bassignana 266 km, una distanza maggiore di 30 km circa rispetto alla sorgente del Po a Pian del Re sotto il Monviso.
La lunghezza del sistema idrografico Rio delle Capre- Negrone-Tanaro-Po risulta essere di 683 km circa.La lunghezza del sistema Maira-Po dalle sorgenti del Maurin è invece di 691km, la maggiore di tutto il sistema idrografico.

Detto questo, voglio parlarvi brevemente della mia esperienza e legame affettivo che ho con le Alpi Piemontesi , in particolare la Val Pellice, Susa fino alle Alpi Marittime. Anche la Val Maira mi è rimasta nel cuore, la considero un’importante palestra di vita e formazione di cultura ecologica tra le genti di origine occitana. Già dagli anni ‘60 mi muovevo tra Dronero e oltre Acceglio, come tecnico in telecomunicazioni montavo i ripetitori per ponti radio che garantivano i collegamenti tra le dighe, centrali e le sale operative a valle. Le giornate trascorrevano tra genti semplici e operose, in particolare conservo i racconti e i consigli degli anziani, musei viventi testimoni di tradizione secolari. Anche con questi bagagli culturali ho poi viaggiato per il mondo intero, viaggi scientifici e culturali che mi hanno consentito di realizzare importanti esplorazioni geografiche in contatto con le Nazioni Unite, un attività che gradualmente si è trasformata nel giornalismo televisivo internazionale.

Da ragazzo ricordo con affetto Dronero, ci arrivavo in corriera da Cuneo, viaggiando con gli studenti, loro andavano a scuola io a lavorare. Quando nevicava si scatenavano le lunghe battaglie a palle di neve, in quel tempo non c’erano molte comodità, ci si arrangiava con poco: ricordo le piole (così qui si chiamano le piccole trattorie) dove si mangiava bene spendendo poco. Ricordo la Fiat 600 multipla con la quale arrancavamo con le catene sulla pericolosa strada di Elva.Le strade sembravano piste di bob, la sera ci si fermava nelle locande senza riscaldamento di Chiappera e Acceglio mangiando “quello che c’era”, non mancavano mai le tume, le trote e il pane fatto in casa. Intanto passavamo interi inverni a Saretto, accompagnati giorno e notte dal rumore dell’acqua del Maira che scendeva lenta tra gli abeti e le grotte di travertino, un rumore che si udiva anche nella chiesetta durante la Messa.

Quando possibile si andava su verso il colle Maurin e lo spartiacque con la Francia, incontravo i margari che mi insegnavano a fare le tome e il burro. Ricordo che nell’inverno 1969-70 venne tanta neve, le catene montate alle ruote della macchina tenute per quasi tre mesi, fino alla fine di marzo, quando dovetti rientrare di corsa a Torino per assistere alla nascita di mia figlia Greta. Fu proprio in quel periodo che ebbi l’occasione di seguire il torrente Maurin un paio di volte partendo dal sentiero di Chiappera. Mai avrei pensato che un giorno ci sarei ritornato confermando che quella è la vera sorgente geografica del sistema Maurin-Maira-Po, il corso oggi più lungo di Italia, 691,461km fino al Mar Adriatico. Ho quindi assegnato il nome Greta al luogo della sorgente del Maurin, come spesso fanno gli esploratori in tutto il mondo, in ricordo di un momento importante.

Dal Colle Maurin alto 2633 m, sul versante francese nasce il torrente che alimenta il sistema del fiume Saint-Paul-sur-Ubaye, mentre sul versante italiano nasce il torrente sorgentifero del sistema idrografico Maurin-Maira-PO. Il Maurin scende a valle per una lunghezza di 8,373 km prima di immettersi nel lago del Saretto; di questo percorso prima non si teneva conto, ma le convezioni internazionali comprendono il calcolo anche del percorso a monte delle note Sorgenti del Maira a Saretto di Acceglio. Come sanno i valligiani e l’amico geologo Enrico Collo, profondo conoscitore della Valle Maira e prezioso collaboratore per questa scoperta, il Maurin prima di raggiungere la borgata Chiappera contribuisce ad alimentare una centralina idroelettrica di recente costruzione, per poi alimentare il bacino di presa dell’ENEL; il Maira confluisce nel Maurin solo a valle del lago artificiale di Saretto, scendendo oggi come piccolo ruscello tra boschi di pino uncinato e rocce di travertino, peculiarità naturalistiche che fanno rientrare l’area nei Siti di Interesse Comunitario (SIC) dell’Unione Europea; ma non è sempre stato così!

Fino a 100 anni fa, esattamente prima del 1913, qui c’erano grandi cascate che scendevano dalle Sorgenti del Maira, acqua da quell’anno captata da canalizzazioni per farla confluire nel bacino di Saretto; attualmente le Sorgenti riforniscono anche l’acquedotto di Acceglio e un’altra centralina idroelettrica. Il risultato è che le antiche cascate, quelle che per la spettacolarità avevano portato a stabilire qui l’origine del fiume Maira, sono oggi prosciugate.
La lunghezza di un fiume non sempre è facile da calcolare, poiché è necessario identificare in maniera esatta la posizione della sorgente e della foce e poi misurare in modo preciso la distanza tra queste due località.La geografia ha molte discipline, alcune vissute altre burocratiche e sedentarie, posso aggiungere che da sempre nascono polemiche di valutazioni, polemiche in cui non voglio e non sono mai entrato, posso solo dire che le esplorazioni geografiche vissute sono distanti anni luce dalla geografia parlata o studiata nelle scuole, università o nel turismo. Di avventure ne ho fatte molte senza cercarle, di soldi non ne ho fatti, ma non cambierei la mia ricchezza culturale e la modestia con nessuno.

Le scienze geografiche spesso si confrontano con queste tematiche e variazioni, nel corso della mia esperienza di esploratore lungo i grandi fiumi della Terra ho avuto modo di approfondire le ricerche sulle sorgenti più lunghe e quindi apportare qualche modifica.In alcuni casi la misura di alcuni fiumi risulta solo approssimativa. In particolare, fin dall’800 c’è sempre stata una disputa su quale sia il fiume più lungo al mondo: il Nilo o il Rio delle Amazzoni, a seconda della diversa sorgente presa in considerazione. Attualmente i fiumi più lunghi del mondo sono considerati il Rio delle Amazzoni, Il Nilo Bianco e il Mississippi. Rimane la grande soddisfazione personale nel caso del Rio delle Amazzoni, quando ho avuto il riconoscimento internazionale della prima esatta localizzazione delle sue sorgenti geografiche a 5.600 metri del vulcano Mismi, nelle Ande Peruviane.
Un caro saluto a tutti gli amici della Val Maira da cui ho imparato molte cose della vita, consigli preziosi che ho sempre portato con me in giro per il mondo.